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Intervista al Maestro Shuhei Matsuyama
- di Yumi Shirai - Per gentile concessione dell'intervistato
KarateDo n. 25 gen-feb-mar 2012

MasuyamaCerco di interpretare il significato delle cose in maniera positiva, per riuscire il più possibile a vivere ogni istante con gioia.

Shuhei Matsuyama nasce a Tokyo nel 1955. Nel 1976, dopo aver conseguito il diploma all’Accademia di Belle Arti di Tokyo, si trasferisce in Italia per approfondire i suoi studi di arte pittorica presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Si tratta di una scelta decisiva che segna per sempre la sua vita di artista e di uomo: a Perugia, infatti, il Maestro conosce Mari, sua futura moglie e mamma dei suoi tre figli Naoki, Ryuhei e Tatsuhiko e, proprio a Perugia, inizia la pratica del karate. Sempre qui, presso l’antico Palazzo dei Priori, il M° Matsuyama, nel 1979, espone la sua prima mostra personale. Da allora presenterà le proprie opere in oltre cento mostre personali in Europa, Giappone e Stati Uniti d’America. Dopo l’esperienza di vita a Perugia, il Maestro si trasferisce a Rieti dove rimane per sette anni. Qui nascono i suoi tre figli e qui il Maestro incontrerà un gruppo di persone fantastiche che egli ricorda tuttora con grande stima e riconoscenza. All’inizio degli anni 90 si trasferisce con la famiglia a Milano, dove attualmente vive e lavora, sia come artista sia come maestro di karate. Sabato 18 febbraio 2012 è stata un’occasione un po’ speciale, perché ci ha aperto le porte del suo studio di pittura a Milano, per concederci gentilmente questa intervista. Immersi nell’atmosfera artistica del suo laboratorio e accompagnati dalle emozioni che ci trasmettono le sue opere, scopriamo insieme la storia di un uomo che, oltre a essere oramai un pittore di fama internazionale, pratica e insegna karate in Italia da oltre 36 anni.

Maestro Matsuyama, perché ha scelto di trasferirsi proprio in Italia?
L’Italia è un Paese di grande storia e cultura artistica: è stata la culla della cultura nel periodo rinascimentale e le tracce della sua grandezza sono rimaste nelle opere di eccelsi uomini e artisti. Appena arrivato ho preso in affitto una casa nel centro storico di Perugia e, quando mi sono reso conto che in quella casa risalente al 1500 moltissime persone prima di me avevano pensato “questa è casa mia”, ho subìto un vero e proprio shock culturale. Dopo aver vissuto a Tokio nel periodo di trasformazione culturale, dovuto al processo di modernizzazione del Giappone, l’incontro con la storia e la cultura artistica italiana, il contatto con la natura dei bellissimi paesaggi umbri, la vista di splendidi monumenti come la basilica di San Francesco di Assisi e la scoperta dei sapori della cucina tradizionale, hanno profondamente arricchito la mia esperienza umana e la mia sensibilità artistica. Ciò nonostante, è in Giappone che risiedono le radici delle mie origini culturali. L’Italia e il Giappone hanno degli aspetti molto belli e, per certi versi, molto simili. Ho sempre pensato che dall’unione di questi due mondi culturali sarebbe nato qualcosa di bellissimo e di unico, qualcosa che avrei potuto esprimere attraverso la pittura. Questo è stato il principale motivo che mi ha spinto a trasferirmi in Italia. Per certi aspetti credo che quello che sto cercando di realizzare qui, attraverso la pittura, sia ciò che ha fatto e sta cercando di fare il M° Shirai attraverso la pratica e l’insegnamento del karate in Italia.

Quando ha iniziato la pratica del karate e quando ha conosciuto per la prima volta il M° Shirai?
È strano che un giapponese inizi la pratica del karate in Italia, ma così, effettivamente, è stato per me. Ho iniziato a praticare il karate nel 1976 a Perugia, sotto la guida del M° Ogawa. Ho conosciuto per la prima volta il M° Shirai proprio tramite il M° Ogawa che frequentava un suo corso di karate a Firenze. Nel 1977 ho iniziato ad allenarmi con il M° Shirai a Milano: all’epoca ero ancora cintura marrone e mi allenavo per diverse ore ogni giorno.

M° Matsuyama, lei pratica e insegna karate sin dal 1976: qual è oggi la sua più grande motivazione nel continuare a praticare e insegnare quest’arte marziale?
Il karate do è uno straordinario strumento di crescita e di miglioramento personale: attraverso la pratica del karate abbiamo la possibilità di conoscere e apprendere, mediante l’esperienza diretta, i valori e i principi fondamentali di un’arte marziale.
Per avvicinarci alla comprensione di alcuni principi fondamentali del karate do, il Maestro ci mostra alcuni ideogrammi giapponesi. Uno di cui il Maestro inizia a parlarci è quello che rappresenta il concetto di Ku.

Maestro, che cos’è il Ku?
La prima cosa che possiamo dire è che è difficile spiegare che cos’è. Ku significa “vuoto”, lo stesso concetto che ritroviamo anche nel termine karate che significa “mano vuota”. Per comprendere meglio il significato di Ku pensiamo a un bicchiere pieno d’acqua: se aggiungiamo altra acqua, quella in eccesso uscirà dal bicchiere… allo stesso modo funzioniamo noi. Per accogliere qualcosa di nuovo, dobbiamo imparare a fare un nuovo spazio interiore e se comprendiamo questo tipo di atteggiamento, ci avviciniamo alla comprensione del concetto di Ku. Significa essere liberi dai giudizi e “svuotarsi in ogni istante”, mantenendo sempre un atteggiamento di massima concentrazione e di apertura mentale. “Essere vuoti” significa al tempo stesso anche “essere pieni” di tutte le proprie esperienze personali. Se prendiamo l’unico libro che c’è su uno scaffale, lo scaffale rimane vuoto, ma se leggiamo quel libro, la conoscenza di ciò che abbiamo appreso rimarrà sempre dentro di noi. Possiamo avere un atteggiamento mentale vuoto pur mantenendo, al tempo stesso, tutto ciò che abbiamo acquisito e imparato attraverso le nostre esperienze personali. Allo stesso modo, un praticante di karate può imparare ad assumere un atteggiamento mentale vuoto e, contemporaneamente, essere pieno di tutta l’esperienza acquisita nel tempo attraverso la pratica. “Che cosa succede quando il ghiaccio si scioglie? È primavera…”.

Maestro può spiegarci il significato che si nasconde dietro queste sue semplici, ma bellissime parole?

Ciascuno di noi è libero di interpretare la realtà e di vedere le cose in maniera diversa, in base al proprio vissuto e alle proprie esperienze personali. Un bicchiere d’acqua riempito fino a metà, può essere contemporaneamente visto come “mezzo pieno” o come “mezzo vuoto”: dipende da ciò che ognuno di noi vede in quel momento. Entrambe le due visioni sono possibili, dobbiamo renderci conto, tuttavia, che quello che noi vediamo è diverso da quello che possono vedere gli altri.
Alla domanda “che cosa succede quando il ghiaccio si scioglie”, qualcuno potrebbe rispondere giustamente, che il ghiaccio diventa acqua, qualcun altro potrebbe immediatamente sentire, invece, l’inizio della primavera… Ognuno sceglie liberamente il proprio modo di vedere e interpretare la realtà che ci circonda. Per quanto mi riguarda, cerco sempre di interpretare il significato delle cose in maniera positiva, per riuscire il più possibile a vivere ogni istante con gioia.

Quale consiglio darebbe a un giovane praticante di karate?
Il fine ultimo del karate non è vincere o perdere, ma il miglioramento del proprio carattere e della propria personalità. È importante anche saper perdere per imparare dai propri stessi errori.

Maestro, in che modo è concretamente possibile mettere in pratica i principi fondamentali del karate do?
Il M° Shirai è l’esempio più grande che abbiamo davanti. La sua grande esperienza maturata attraverso la costante pratica dello stile Shotokan unita – al tempo stesso – a un atteggiamento mentale sempre libero dagli schemi acquisiti e aperto alle nuove e infinite possibilità applicative del karate do, hanno permesso al Maestro di andare “oltre la forma” e di creare qualcosa di nuovo. Frutto di questo continuo lavoro di studio e di ricerca è il Goshin-do o “via di difesa personale”. Ciò che conta a un certo punto – e agli alti livelli raggiunti grazie alla pratica dello stile tradizionale del karate Shotokan – non è tanto la pratica di uno stile piuttosto che di un altro, non è il vincere o il perdere una competizione, ciò che veramente conta è se le tecniche di karate che noi pratichiamo “funzionano” oppure “non funzionano”. E proprio da qui nasce il grande impegno del Maestro nello studio dell’applicazione pratica del kata attraverso il Bunkai e l’Engi Bunkai. Da questo punto di vista, penso che tutti noi dovremmo essere profondamente grati al M° Shirai per quello che di veramente grande sta cercando di trasmetterci attraverso questi insegnamenti. La pratica di un’arte marziale non si limita all’acquisizione della cintura nera o alla vincita di una gara. Alcune persone perdono lo stimolo nel continuare la pratica del karate proprio nel momento in cui devono smettere le competizioni, dimenticandosi che “il karate do si pratica tutta la vita”. Il Maestro ci sta offrendo continuamente nuovi stimoli per mettere concretamente in pratica questo principio fondamentale.

Maestro, che cosa significa
Shin–On e che cosa esprime la sua arte?
Sin dall’inizio, quando ho dovuto spiegare il significato di Shin–On ho sempre detto che è una sorta di grido del cuore, un’espressione in sintonia con il sé. On significa “suono” mentre Shin rappresenta le diverse qualità del suono. Shin-On in giapponese racchiude sedici significati diversi. Attraverso lo Shin – On dipingo il suono delle cose, quella musica che le origina e le esprime. Il colore diventa così un “suono interiore” e, attraverso la pittura, posso esprimere quello che veramente sento in ogni singolo momento. In questo modo, quando rivedrò le mie opere anche in futuro, potrò riprovare le stesse sensazioni che hanno vibrato dentro di me mentre dipingevo. Esprimermi attraverso la pittura è un po’ come scrivere in un diario personale: se scrivo ciò che provo veramente, in futuro potrò ritrovare nei miei scritti una traccia di me stesso. Diversamente, rileggerei solo delle menzogne e ciò non avrebbe alcuna importanza.

Maestro, qual è il suo sogno più grande dal punto di vista della sua produzione artistica?
Da tempo penso di realizzare un mio vecchio sogno. Attraverso una piccola opera chiamata Shin-On che racchiude l’esperienza della mia vita, della mia espressione artistica e del legame tra il mio paese di provenienza e quello che mi ha visto maturare come artista, voglio lasciare un segno del mio pensiero per il futuro. Lo Shin-On è un’opera di forma circolare: il disco base, di diametro di diciotto centimetri, vorrei diventasse il primo punto del luogo di una circonferenza che abbia un diametro pari a quello terrestre. Con un primo disco ci si può avvicinare al pensiero che mi ha coinvolto in Shin –On. Wa in giapponese significa cerchio, amicizia e armonia.

Vuole esprimere un sincero ringraziamento per qualche persona o per qualcosa in particolare?
Ringrazio mia moglie Mari che mi è sempre stata vicina nel mio percorso di artista e di karateka, fin da quando ci siamo incontrati per la prima volta a Perugia. Vorrei poi esprimere un ringraziamento speciale per il M° Shirai che riconosco come mio unico vero maestro, non solo nel karate, ma anche nella pittura. Forse qualcuno pensa ancora che il Maestro ci stia insegnando solo il karate… ma non è così, almeno dal mio punto di vista. Grazie a lui e ai suoi insegnamenti, il karate è diventato per me anche “arte della vita”. Il mio scopo più grande è vivere ogni istante con gioia e a volte questo non è per niente facile, ma il karate mi aiuta anche a perseguire questo scopo. Ichigo Ichie significa “ogni incontro è irripetibile”: ogni combattimento che facciamo con il nostro avversario è “qui e ora”. Dobbiamo renderci conto che non ci sarà un’altra occasione uguale a quella che abbiamo appena vissuto: per questo motivo, dobbiamo sforzarci di dare il massimo in ogni momento, per renderlo davvero unico.
Il M° Matsuyama, ci mostra l’ideogramma giapponese che è stato scritto da Suzuki Kakusen, un grande maestro di buddismo zen, che ha insegnato presso l’università di Komazawa a Tokyo. L’ideogramma Seishi – ci spiega – rappresentata la vita e la morte come qualcosa di strettamente collegato e fa immediatamente riflettere su qualcosa di molto importante: prima di arrabbiarsi per niente o di rispondere male a qualcuno, prima di perdere anche per un solo istante della nostra vita la gioia, dovremmo chiederci se ne vale veramente la pena. Anche quest’atteggiamento mentale dipende da noi e dalla qualità dei nostri pensieri. Sta a noi rendere la nostra vita un inferno o un paradiso… e in questa scelta pensare agli altri può davvero fare una grande differenza. Proprio il M° Shirai, all’ultimo stage di aggiornamento dei tecnici, ha sottolineato l’importanza di “pensare agli altri” anche durante le competizioni di kumite, mantenendo il massimo rispetto possibile per il nostro avversario. Pensare agli altri è qualcosa di fondamentale per la nostra stessa felicità. Immaginiamo di essere a un grande banchetto imbandito e, tuttavia, di non poter mangiare perché abbiamo una mano legata alla sedia e una forchetta lunghissima nell’altra mano. In questo momento, pensare agli altri potrebbe fare una grande differenza. Se pensiamo solo a noi stessi, prima o poi moriremo di fame. Se invece pensiamo di usare la forchetta lunghissima che abbiamo in una mano per imboccare gli altri, qualcuno potrebbe fare poi lo stesso con noi.

Grazie Maestro per la sua disponibilità.
“Qui ho appreso molte cose nuove che hanno giovato al mio spirito, come dicono gli amici, ma devo al Giappone l’esperienza e lo stimolo che mi consentono di esprimermi con gioia nella vita, che altro non è se non arte. Proprio la gioia credo sia la cosa più importante nella vita e la si può ottenere solo con la temperanza. In questo caso si condurrà una vita semplice, quindi creativa, dove fra il prendere e il dare esiste un perfetto equilibrio, perché, se così non fosse, il dislivello porterebbe l’uomo all’infelicità. L’artista (l’uomo) deve essere libero e ciò è possibile solo conoscendo molte cose. Voglio, per questo, vedere, provare, toccare tutte le cose per restituirle poi nel grande capolavoro di ogni artista.
Commuoversi, avventurarsi e poi esprimere se stessi non è altro che immergersi nell’arte ma, per il fatto che la conoscenza non si esaurisce nel presente, bisogna guardarsi dalla passività e dalla staticità: solo guardando avanti lo spirito può giungere alla maturazione.

A chi mi chiede: perché lavori? Rispondo: per crescere. Perché vuoi crescere? Per conoscermi. Perché vuoi conoscerti? Per esprimermi. Perché vuoi esprimerti? Per essere artista (uomo). Perché vuoi essere artista? Per essere libero. Perché vuoi essere libero? Per aver gioia dalla vita.”

Qui alcuni approfondimenti sull’opera del M° Matsuyama.

hakuyukaikaratedo.com - shuheimatsuyama.com

Interviste ai Maestri
Giapponesi - Italiani - Taiji Kase - Hiroshi Shirai - English texts -


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