Due aggiunte sull'articolo del Maestro riguardo all'ospite Masaro Konishi al nostro Centro.
Masaro  si è presentato e rivelato a noi con la semplicità e l'esclusività di  una persona  alla ricerca di un concetto tanto semplice quanto  complesso: apprendere.Si è portato, e ci ha portato in palestra lo  spirito di umiltà e di gratitudine.
 Spesso, nella nostra  cultura occidentale e in particolare "italica", abbiamo la smania di  presentarci con dei "titoli"; in qualunque contesto, 
VOGLIAMO dare  sempre e comunque una lezione di sapere e di vita, chiunque sia il  nostro interlocutore: è la nostra modalità, la nostra mania di  protagonismo latino. Ma è pure lo specchio della nostra fragilità, il  nostro nervo scoperto, il nostro Tallone d'Achille. 
Evidentemente per un  giapponese questo problema non  esiste. 
Io non so se l'atteggiamento di questo giovane istruttore  rispondesse ad una tendenza culturale nipponica: quello che è certo è   che  il suo rispetto degli spazi e dei tempi delle cinture colorate è  stata per me una rivelazione assolutamente nuova ed inaspettata. 
E'  stato un insegnamento. In questi anni di pratica a volte mi sono  confrontata con cinture nere: sempre, o quasi, ho percepito un senso di  "superiorità" e a volte di disagio (non è una critica bensì una  constatazione). 
 Masaro invece ha varcato la soglia del tatami portando  un senso profondo di rispetto e desiderio di confronto verso i suoi  ospiti e i suoi avversari, una necessità di apprendere qualcosa da  ognuno di noi.
 Ha appreso, ha ringraziato, ha salutato, si è allontanato. E' sparito nel buio della fondamenta.
Ed anche questo è stato un insegnamento.
Oss
  
 Anna Santini