LA TRADIZIONE
A cura di Luciano Puricelli - I testi sono © dell'autore tutti i diritti riservati

Cicerone intende la tradizione come: Traditio "Consegna" Quintiliano come "Insegnamento" e Tacito come "Narrazione" In tutti vi è comunque una invariante: il passaggio di un insieme di dati culturali (In senso Antropologico) da antecedente a conseguente. In sostanza Tradizione è l’atto di trasmettere qualche cosa da persona a persona.

Operando una traslazione in ambito sociale sarà fondamentale: sia l’atto di riunirsi da parte di più persone per fare esperienza di ciò che viene trasmesso mediante un certo tipo di pratica, sia la volontà di perpetuare da generazione in generazione comportamenti codificati nella speranza di raggiungere una certa perfezione e obiettivi prefissati. Infine è determinante il compito di conservare il più fedelmente possibile ciò che è stato trasmesso, e poiché la tradizione è un atto di uomini verso altri uomini, questa operazione risentirà necessariamente di condizionamenti storici e culturali.

Si verificherà quindi una sorta di tensione dialettica tra l’oggetto della tradizione, i modi in cui essa è trasmessa e le sue interpretazioni. La storia del Karate non ne è immune, e il dibattito tra tradizionalisti e moderni è molto vivo con conseguenze non sempre benefiche per l’arte del Karate.

Perché a un certo punto il Maestro H.Nishiyama ha dovuto definire il Karate-Do ITKF come Karate-Do Tradizionale quando in precedenza si era sempre e solo parlato di Karate? Semplicemente perché il nome Karate era divenuto inflazionato, da un insieme di karate: Karate Full Contact, Light Contact e così via.

Egli non riusciva più a riconoscere il Karate-Do appreso dal Maestro G. Funakoshi nel panorama delle varie discipline che si rifacevano e tuttora si rifanno al nome del Karate.

Senza voler ripercorrere le vicende politico organizzative degli ultimi 30 anni è comunque utile richiamare alcuni punti riguardanti la concezione del Karate e la sua impronta agonistica così come è concepita dai due maggiori organismi mondiali oggi operanti. E’ un fatto che nel 1982 la ex WUKO ha creato un regolamento di gara, ancora in vigore nella sua essenza, che, modificando i principi su cui si fonda il Karate-Do Tradizionale lo trasforma in uno Sport Moderno che fa uso di Calci e Pugni.
Il Karate-Do Tradizionale ex ITKF per contro è basato sul concetto di " TODOME" o "Tecnica Definitiva": vale a dire che una singola tecnica, senza l’uso di armi deve essere in grado di distruggere la capacità offensiva dell’avversario. Il "Finishing Blow", la Tecnica Definitiva, richiede che al momento dell’impatto venga liberata una forza d’urto massimale, e questo è possibile solo con l’impiego di tecniche speciali, di calcio e di pugno, che devono rispondere a determinati requisiti definiti nel Regolamento Tecnico, arbitrale e di gara dell’ex ITKF.

Per contro il karate Moderno ex WUKO, ammette, stando al proprio regolamento di gara, azioni di calcio e pugno che non hanno i requisiti del Finishing Blow.

Le tecniche vengono descritte come "Azioni Vigorose", e quindi non richiedono alcuna tecnica allenata in modo speciale. Come risultato, qualunque disciplina sportiva o arte di combattimento può partecipare a tali competizioni, perché non viene richiesta alcuna competenza tecnica specifica.

Da quanto sopra si vede che " Karate-Do Tradizionale ex ITKF e " Karate Moderno ex WUKO" dal punto di vista della competizione sono incompatibili e devono procedere parallelamente a fianco ognuno nel mutuo rispetto della diversità tecnica e in ottemperanza a quanto sancito dalla Costituzione del C.I.O. che garantisce a ogni persona il diritto di praticare la disciplina prescelta. Tenteremo di parlare di Karate-Do partendo da categorie proprie della cultura Giapponese, ovvero da concetti di quella tradizione che ha prodotto l’arte divina della "Mano nuda" dei mari del Sud. Diciamo subito che secondo noi la pratica del Karate-Do costituisce l’accesso a una formazione speciale, privilegiata con propri contenuti e metodologie specifiche che occorre definire perché sempre più ci dobbiamo confrontare con un sapere superficiale e dilettantistico.

Tradizione, e quindi anche " Karate-Do Tradizionale" ,significa essere depositario di una conoscenza, della verità profonda della disciplina. Siccome il Karate-Do Tradizionale è fondamentalmente una pratica la sua essenza e ricchezza si potrà conoscere solamente attraverso un vissuto ovvero tramite l’allenamento specifico del Karate-Do Tradizionale .Secondo il Maestro Funakoshi la pratica del Karate-Do Tradizionale inizia e finisce con il saluto.

Questo vuol dire che per cogliere l’essenza profonda del Karate-Do Tradizionale il praticante si deve porre in una condizione mentale particolarmente diversa da quella che ha chi si avvicina al karate rincorrendo immagini create da films, falsi comportamenti eccetera.

Che cos’è il Karate-Do Tradizionale ?
Cosa fa un corpo/mente quando nell’azione cerca di superare i propri limiti? Quali limiti? Quelli che Lui stesso si è inconsciamente autoimposto o quelli oggettivi e reali al di là dei quali in quel momento non è in grado di andare?
Cercheremo di rispondere a questi quesiti in modo orientale, secondo i canoni della pratica del Karate-Do Tradizionale , per far ciò dobbiamo considerare dapprima che il Karate-Do Tradizionale è un arte e una tecnica proveniente dal Giappone, ed è quindi il prodotto di una Cultura orientale diversa da quella Occidentale e qui troviamo il primo scoglio: la possibilità di incontro tra cultura Occidentale cultura Orientale non risiede tanto in un problema etnologico quanto in un problema interiore.
Occorre cioè che il praticante Occidentale sia disposto a riconoscere e a lasciar vibrare l’elemento orientale che è presente dentro di sé, anche con tutte le tensioni che ciò implica.Tensioni che non occorre risolvere ma saper interpretare.
In che modo il Karate-Do Tradizionale struttura l’individuo? La Tradizione raccomanda vivamente di sviluppare armoniosamente il principio: Shin, Gi, Tai.
  1. Shin è lo Spirito.
  2. Gi è il Modo.
  3. Tai è l’Azione


    Tai: concerne principalmente il corpo. Il lavoro fisico conduce a un essere tonico vivo e in buona salute. Tai è la base.
    L’azione di Tai è legata a tutto quello che ci permette di sentire, centrare la propria sensibilità. Tai in definitiva è presuppone: Comprendere ciò che succede, sentire di che si tratta e agire correttamente. Gi: la Tecnica orienta il lavoro fisico, organizza le forze è lo Stile. Il luogo d’elezione del Gi è il Kata.
    Ogni volta che si esegue correttamente una tecnica questa ci impressiona, si ha quasi la sensazione di possederne l’energia intrinseca, si viene scolpiti, si comincia a esprimere un proprio stile.
    Questo stile è conquistato grazie al modo, la tecnica. Il Gi apre la Via al suo possibile superamento, il superamento della tecnica è il tratto distintivo, nel Karate-Do Tradizionale , della Maestria. Shin: lo Spirito. Il lavoro su Shin inizia con un lavoro su di sé, interiore, un lavoro da allievo. Solamente quando tutto verrà risolto interiormente si potrà agire in modo pieno e autentico.
  1. Shin è la Mente, stabilisce la strategia.
  2. Gi sceglie la Tecnica.
  3. Tai il corpo, fa l’Azione.

    Riassumendo ancora potremo dire che il Karateka inizia padroneggiando l’aspetto fisico dell’Arte.
    In questa fase predomina il principio del Tai e si fa un lavoro che rinforza la personalità. Con i primi successi il proprio Ego prende forza. Arrivato allo stadio del perfezionamento della tecnica Gi l’allievo entra nella vera ricerca, scopre le proprie illusioni, prende consapevolezza delle proprie possibilità e del cammino che gli resta da percorrere. Si concentrerà allora ancora più profondamente sulla tecnica e cercherà di divenire: prima un Tecnico competente e poi un Maestro. Durante questa fase impara a conoscersi sempre meglio e ritrova sincerità ed umiltà. Il proprio Ego perde progressivamente forza. Allo stadio dello sviluppo spirituale Shin, l’allievo si risveglia, sviluppa la propria intuizione e scopre il senso dell’unità, è in grado di trasmettere ciò che ha acquisito: le proprie ricchezze interiori.
    E’ la maestria dello Spirito. Il cammino, la Via, il Do del Karate-Do Tradizionale è dunque una Via di pace tesa alla realizzazione di quelle potenzialità interiori che ogni individuo possiede allo stato latente, scopo profondo della pratica è quello di migliorare l’individuo su tutti i piani: nella tecnica come nella vita di tutti i giorni.

    Per riuscire in questo arduo combattimento occorre esercitarsi con coraggio, perseveranza, umiltà e sincerità.
Oss
Luciano Puricelli

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