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parliamo di karate
Parliamo di Karate
Di Gichin Funakoshi
Per gentile concessione della Rivista Samurai
direttore responsabile Bertoletti Natascia
Per facilitare la lettura dell'articolo le note a margine sono segnate con il colore rosso (d.r)

Il presente articolo apparve originariamente nel luglio 1935 in una rivista chiamata Kaizo, vol. 17, da pagina 56 a 72. Kaizo era una tipica rivista che pubblicava articoli quotidiani durante i periodi Taisho e primo Showa, appena dopo la guerra in Giappone.
Kaizo venne pubblicato per la prima volta nel 1919 e alla fine della Prima Guerra Mondiale trovò notevole popolarità nell’ambiente riformista giapponese.
Comunque, a causa dei controlli del 1942 sulla libertà di stampa in seguito all’incidente di Yokohama, la rivista dovette cessare la sua pubblicazione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale tornò alla luce di nuovo ma cessò di essere pubblicata nel 1955

La traduzione in inglese di questo scritto ci è stata fornita da Patrick e Yuriko McCarthy.

Inizi di una storia

GichinSi dice che il karate abbia avuto inizio con un monaco buddista indiano, Bodhidharma, che attraversò alte montagne, profonde vallate e lunghi fiumi sulla strada per Liang. Dopo le sue lezioni alla corte dell’imperatore Wu, Bodhidharma si ritirò presso il monastero Shaolin nella provincia Henan, dove trascorsi nove anni di fronte a una parete sul monte Songhsan in solitudine meditativa. Si tratta di oltre 1400 anni fa, durante il periodo di Sheng Guang in Xiao, durante l’imperatore Ming della dinastia Wei settentrionale. Si dice che dopo la sua morte, Bodhidharma venne bruciato ai piedi del monte Xiong Er. Parecchi anni dopo, mentre i monaci costruirono un muro intorno al suo luogo di sepoltura, venne ritrovata una scatola in ferro in cui vennero scoperti due rotoli di pergamena, i Senzuikyo e l’Ekkinkyo. Senzui significa “purificarsi dalla conoscenza interiore e lasciare che la vera luce spirituale purifichi l’animo”. Costituito da due ideogrammi separati, “cambiamento di significato” e “coltiva la forza”, il termine Ekkin si riferisce alla trasformazione della forza muscolare attraverso l’allenamento fisico.
Esistono due principali correnti di karate, shorin ryu e shorei ryu. Shorin ryu è un’abbreviazione di shorinjiryu (Stile del tempio Shaolin) e, credo che shorei ryu abbia qualcosa a che fare con l’armonia tra il corpo e la mente. Entrambe hanno un’unica caratteristica: per esempio shorei ryu enfatizza l’allenamento fisico in congiunzione con l’Ekkinkyo, che significa sviluppare la forza esterna bilanciata con la morbidezza interna. In contrasto con questo, lo shorin ryu pone un’enfasi rimarchevole sullo sviluppo spirituale e si focalizza sulla flessibilità esteriore compensata con una forza interna poderosa.
Bodhidharma rimase deluso nell’insegnare agli arhat di Shaolin, poiché la loro condizione fisica era povera e lo spirito interiore debole. Per aiutare a risolvere questo problema pianificò un programma usando il Senzui e l’Ekkin per allenarli fisicamente, mentalmente e spiritualmente. Si ritiene, comunque, che uno dei discepoli più anziani, il quale dava maggior valore allo shorei kenpo, ritornò in India portando con sè uno degli antichi rotoli lasciati dai monaci Shaolin per concentrarsi sul Senzui.

Asato sensei ha raccontato questa storia molte volte, al punto che credevo che Bodhidharma fosse, in verità, il fondatore del karate (Funakoshi scrive la parola moderna karate, ma in realtà si riferisce al quan fa/kenpo) e della corrispondente filosofia zen ken ichi (ossia lo zen e i propri pugni sono una cosa sola). L’artista Hoan Kosugi,mi riferì che quanto visitò la Cina, i monaci del tempio Shaolin discussero di nei gong (Forza interna) e wai gong ( Forza esterna). Queste riflessioni corrispondeva agli stessi principi che Asato sensei descriveva come “una flessibilità esterna bilanciata a una forza interna formidabile”. Questo principo corrisponde inoltre a quanto scrisse Rohan Koda (Nato nel 1867, morto nel 1947; è ritenuto uno dei principali romanzieri del Giappone dell’epoca Meiji) , cioè che Shaolin era la fonte originaria del kenpo/quan fa. Il tempio Shaolin fu anche la culla del chan (zen), prima dello sviluppo e della diffusione del kenpo. Dopo l’era Ming (1166-1644) ci furono molti scrittori che misero inchiostro sulla carta descrivendo lo straordinario quanfa dell’illustre Shaolin. Tali teorie, come quella che un singolo dito possa uccidere una persona all’istante, o sull’onnipotenza della forza dei pugni del quanfa, furono scritte frequentemente. L’autore She Zai Hang continuò persino a sostenere che il quan fa di Shaolin fosse senza rivali in qualsiasi luogo e un abile monaco poteva sconfiggere da solo ben venti avversari.

Si dice che il karate fosse ineluttabilmente introdotto nel regno Ryukyu dopo la conquista di Satsuma nel 1609 e un editto che proibì agli abitanti locali di possedere armi. Alcuni documenti riferiscono che un cinese di nome Kusanku (Conosciuto anche come Kosokun) giunse nel regno Ryukyu con molti dei suoi allievi, incoraggiando la pratica del quan fa. Altre prove dimostrano che qualcuno si recò in Cina durante l’antico regno Ryukyu di Okinawa per insegnare questo stile. In ogni caso, in base a queste considerazioni, sono trascorsi circa duecento anni da quando il karate (Si veda la pubblicazione del 1762 Oshima hikki e la testimonianza resa da  Shiohira raccolta dallo studioso confuciano Ryoen Tobe)  (quan fa) trovò la propria strada per Okinawa. A dispetto di tutte queste tesi, secondo me la presenza del quan fa deve essere anteriore, in quanto secondo documentazioni cinesi, il regno godette di un lungo periodo di commercio con la Cina che risale a 1100 anni fa. Tuttavia, non riesco a capire perché il karate (Qui il maestro Funakoshi usa gli ideogrammi per quan fa)  (quan fa) non potesse essere conosciuto nell’antico regno Ryukyu, dal momento che era così popolare nella cultura cinese. Comunque sia, è solo nel corso di questi 200 anni che tali discipline sono diventate più popolari e hanno prodotto diversi grandi maestri. Quando ero bambino io, a Okinawa vi erano artisti marziali qua è là che avevano studiato quan fa in Cina. Sebbene la maggior parte di loro si allenasse molto duramente da un punto di vista fisico, erano inferiori quando si confrontavano con praticanti di arti marziali del luogo. Spostiamo ora la nostra attenzione e mettiamo a confronto le caratteristiche dello shorei e dello shorin ryu da un punto di vista funzionale. Lo shorei ryu pone grande valore nello seishin (L’aspetto spirituale dell’allenamento; vale a dire “forgiare lo spirito” (perfezionare il carattere) attraverso un addestramento fisico e mentale e lo studio dell’etica)  ed è inoltre un metodo razionale con tecniche aggraziate, accentua il movimento rapido e diminuisce la distanza facendo in modo di dominare ogni possibile avversario, anche se più forte. Lo shorin ryu, basato sulla forza, riesce a guadagnarsi il controllo su un avversario immobilizzandolo. Questo è utile soprattutto contro una persona molto forte che non sa nulla di arti marziali. Se si conosce questo, allora ha un senso studiare i principi di entrambi gli stili. Bisogna mantenersi in allenamento, senza mai smettere, in questo modo è possibile sviluppare un potere quasi sovrannaturale, che un giorno potrà essere utile nel corso di una crisi.

A questo punto rinuncerò alla discussione sui dettagli storici e riferirò solamente che durante l’era moderna Okinawa diede alla luce due stili elaborati che coesistevano in completa armonia. Storicamente, le tribù (La popolazione di Okinawa come etnia, gli Uchinanchu)  delle Ryukyu erano popoli coraggiosi con uno spirito combattivo. Quando venne p roibito il trasporto di armi, le discipline fisiche e le attività di combattimento, quali tsunahiki ( Tamburo di guerra)  e sumo ( Il tipo di sumo che Funakoshi descrive sarebbe lo stile tegumi di prese, noto in seguito come sumo di Okinawa, che non dev’essere confuso con lo stile giapponese di lotta sumo) , divennero passatempi popolari in quanto continuavano a nutrire questo innato spirito combattivo. Sia a Shuri sia a Naha, alla fine il karate divenne oggetto di adorazione da parte dei ragazzi. Dopo il periodo Sengoku (In senso stretto corrisponde al periodo che va dalla guerra di Onin del 1467 all’entrata di Oda Nobunaga a Kyoto nel 1568, ma in senso più ampio potrebbe anche arrivare fino alla fondazione dello shogunato dei Tokugawa nel 1603) l’epoca più pacifica dei Tokugawa portò popolarità all’arte del maneggiare la spada nella terraferma, mentre nel regno Ryukyu si coltivò l’interesse per il karate. Fu quello il periodo in cui molti grandi maestri divennero tali.

Il karate sviluppa molte capacità ,comprese tecniche simili ad acrobazie. Le grandiose capacità di certi esperti hanno forgiato reputazioni ancora vive tuttora. Uno di questi esperti era Choken Makabe, un maestro di tobigeri ( Calci saltati) . Un giorno si pennellò con inchiostro nero cinese la punta di entrambi i piedi prima di saltare e colpire con un calcio il soffitto dalla posizione seduto. Davanti a una moltitudine di persone saltò shaku (2,4 metri) e lasciò un’impronta del suo piede sul soffitto che ancora oggi si può vedere. Queste capacità farebbero di chiunque come di Makabe, una forza da considerare in ogni circostanza.

A Shuri, c’era un bushi chiamato Tada che, a soli diciassette anni, riusciva a trasportare quattro barili da 4 to (Settantadue litri) con le sue geta ( Zoccoli di legno). Quando raggiunse i vent’anni riuscì a saltare virtualmente l’equivalente della sua altezza e fiancheggiare una parete di roccia mentre guidava una motocicletta.

Un’altro abile personaggio fu Hokama, un maestro di equitazione che riusciva a tenere aperta una porta contrastando anche la più terribile tempesta di vento grazie al suo sorprendente centro di gravità. In verità si era allenato con una porta sul suo tetto in mezzo a tifoni che soffiavano a più di cinquanta chilometri. Il mio stesso maestro, Itosu okina ( Okina è un vecchio titolo onorifico locale di Okinawa per definire un anziano gentiluomo) , celebre per la sua forza nella presa, una volta riusciva a spezzare un pezzo di bambù lungo quindici centimetri in tre o quattro parti come gli veniva richiesto.
Un maestro di nukite (mano a lancia), Asato sensei, era famoso per la sua forza e potenza nelle dita. Una volta, ancora adolescente, si recò presso un mattatoio e utilizzando questa tecnica conficcò le dita nel corpo senza vita di un maiale.

Durante la mia infanzia lessi il racconto di una guerra eroica che narrava il combattimento tra Miyamoto Musashi e Yataro Sekiguchi, sul monte Hakone. Musashi colpì Sekigushi ai piedi con una tale forza da farlo cadere al suolo, lui invece sparì nell’aria! Sbalordito, Musashi alzò lo sguardo sentendo la voce di Sekigushi provenire dall’alto del cancello torii ( Il cancello di un tempio scintoista). Sicuramente questa storia è un’esagerazione, ma esistono illusionisti in grado di far sembrare che qualcuno sia scomparso proprio di fronte ai propri occhi. Vi sono persone che possono rompere tazze da tè o togetppo (Pipa di bambù per tabacco) solamente con la forze della loro mano. Alcune persone possono persino fare quindici passi all’indietro e in avanti portando una giara di ceramica (kame) di diciotto chili nelle loro mani in condizioni sicure. Sebbene comunque un bujin sia in grado di eseguire molti tipi di tecniche speciali, simili imprese non sono richieste, in quanto ognuno di noi possiede le proprie doti e capacità. Naturalmente questo comprende anche la rottura di tegole e tavole.

Queste tecniche alquanto divertenti non sono molto diverse dalla tecnica tameshigiri (Pratica del taglio con una spada giapponese)  utilizzata nell’arte di maneggiare la spada. In ogni caso questo tipo di esecuzioni non sono da considerarsi arti marziali. Facciamo un esempio. Uno dei maestri più famosi del karate moderno è Matsumura okina, che educò in quest’arte molti studenti di Shuri e Naha alla residenza del re. Un giorno, alcuni abili allievi chiesero al maestro di poter fare una dimostrazione per lui alla villa. Curioso di vedere ciò di cui erano capaci, il sensei diede il proprio consenso. Il primo studente iniziò a correre, il secondo saltò sulle spalle dell’allievo in corsa mentre lo superava. Il terzo li raggiunse correndo e si arrampicò fino alle spalle del secondo. Alla fine cinque studenti stavano correndo come una singola unità. Matsumura sensei, contrariamente a quanto si aspettavano, non rimase impressionato e neppure si preoccupò di elogiarli. Senza nulla togliere alla loro abilità, l’esibizione acrobatica non è l’essenza principale delle arti marziali, serve come intrattenimento e non c’è alcuna ragione di temerla. La moglie del maestro, Tsuru, presente in quell’occasione, assistette all’esibizione. Una praticante di arti marziali di fama quale era, non ebbe bisogno di molto tempo per rimproverare uno degli studenti dopo aver osservato il suo cattivo comportamento. Ancora si parla delle loro straordinarie imprese legate al karate. Colgo l’occasione per descriverne una.

Il nome da fanciulla di Tsuru era Yonemine, e dall’età di 16 o 17 anni era conosciuta per la sua bellezza in tutto il regno, addirittura fino a Naha. Una sera, mentre camminava ai margini della città, s’imbatté in un malvivente che cercò di aggredirla. Fortunatamente riuscì a scappare, sebbene non fosse armata, e decise, dopo quell’incidente, di chiedere ai genitori di poter apprendere le arti marziali. Venne accettata come sostituto da un famoso insegnante, Tsuru si allenò diligentemente e alla fine progredì fino a raggiungere un livello superiore a quasi tutti gli uomini. Infatti, il suo maestro sosteneva che l’unico ragazzo nel regno che lei non fosse in grado di sconfiggere era il figlio di Matsumura. A quei tempi il dokyo-dameshi/ude-dameshi (Letteralmente mettere alla prova il proprio coraggio e la propria abilità)  era un una tendenza diffusa tra i giovani praticanti di arti marziali che volevano sfidare se stessi, e Tsuru non aveva ragione di credere che anche lei non potesse prender parte a tale sfida. Il miglior luogo, tuttavia, per lo shiai (Sfida)  dello stile senza esclusione di colpi era il quartiere a luci rosse di Naha. I giovani provenienti da Shuri erano soliti recarsi in quel luogo ogni sera solo con l’obiettivo di divertirsi e sfidarsi. Solo poche case distanziavano le due città, e per i giovani di Shuri recarsi a Naha era semplice. Tsuru Yonamine li aspettava tra Shuri e Naha e sovente sfidava qualsiasi giovane praticante disponibile ad accettare l’invito e non perse un solo incontro. La sua fama si diffuse rapidamente, intimorendo i vigliacchi e provocando la curiosità da parte dei giovani sicuri di sé e anche degli stupidi. Nessuno riuscì a vincere contro Tsuru, li sconfisse tutti. Il giovane Matsumura sensei, che fu raggiunto dalla fama di Tsuru, non riusciva a credere che una donna potesse essere più forte di un uovo e decise allora di sfidarla. Con la sua stessa reputazione in gioco, scoprì subito che era molto di più di una semplice persona. Tentò con grande difficoltà di tenerle testa, ma fu quasi atterrato. La situazione fu una vera sorpresa, ma lo shock finale fu quando lei afferrò la mano di lui e serenamente gli propose di sposarlo. Per quanto il giovane Matsumura sensei fosse forte, rimase fermo senza proferire parola di fronte al suo avversario, trovando la sua bellezza e il suo spirito irresistibili.

Ho incontrato personalmente il nipote legittimo della famiglia Matsumura, che è ancora vivo e ha circa la mia stessa età, e insieme abbiamo parlato dell’abilità di sua nonna. Racconta di un suo ricordo: “A quei tempi la nostra casa era una birreria e ogni volta che i sacchi di riso in eccedenza non potevano essere depositati nel magazzino, la vedevo alzare sacchi di paglia colmi di riso di 5 to (Circa novanta litri) con una mano sola mentre ramazzava l’engawa (Una stretta passatoia di legno sul limitare di case vecchio stile di Okinawa rivolta al giardino) ;con una scopa nell’altra mano!”. Giudicando da questo aneddoto, sembrerebbe che Tsuru non abbia mai smesso di allenarsi.
Entrambi i miei istruttori, Asato e Itosu, erano discepoli di Matsumura okina. Ammiravo come fossero rimasti fratelli nel corso della loro vita, ma soprattutto che erano rispettati in modo autentico dalle loro comunità. Grazie a un incontro casuale divenni amico di un ragazzo di tre anni più vecchio di me. Era il figlio di Asato sensei, e proprio tramite lui iniziai a praticare il karate. Per tradizione, Asato sensei osservava una comune linea di condotta che prevedeva di non insegnare ai propri figli, ma piuttosto di mandarli da un altro maestro. Perciò suo figlio venne mandato da Itsou per apprendere l’arte del karate. Sebbene io non andai con lui dall’inizio, non dovetti aspettare molto per essere finalmente invitato ad accompagnarlo. Durante il giorno frequentavamo ancora la scuola, cosi il nostro regolare allenamento con Itosu sensei era limitato dalla sera fino a notte fonda; spesso non tornavamo a casa prima dell’alba.

Sebbene Itosu e Asato fossero stati compagni di pratica, avevano diversità senza eguale. Un esempio era la loro attitudine verso il combattimento. Itosu sensei affermava che combattere senza motivo era un’azione priva di ogni valore e doveva essere evitata. Inoltre, se qualcuno che non era una reale minaccia ti attaccava, non c’era alcun bisogno di ferire questa persona, ma piuttosto dargli una lezione prima di lasciarlo andare per la sua strada. Al contrario, invece, Asato sensei era molto più serio sulla questione. Se qualcuno prova ad attaccarti e non riesci a rispondere immediatamente, poi sarà troppo tardi. Itosu sensei sosteneva la sicurezza personale e la tolleranza. Asato sensei predicava una continua consapevolezza.
Persino le abilità di questi due maestri dotati differivano. Un giorno entrambi si trovarono circondati da un gruppo di giovani criminali in cerca di guai. Trovandosi senza via di fuga, non ebbero alternativa e dovettero difendersi. Itosu tolse di mezzo velocemente la metà degli aggressori colpendoli in modo serio, ma non eccessivo. Asato, dall’altra parte, lasciò l’altra metà dei malviventi stesi a terra gemendo di dolore
.

Nel periodo dell’antico regno Ryukyu, Asato Sensei mantenne la medesima posizione ufficiale come quella di un daimyo (I giapponesi hanno interpretato anji/aji come daimyo. Douglas Haring, Okinawan customs, yesterday & today, The Takanoya account, p. 43) minore nella terraferma. Inoltre prestò servizio come uno degli ultimi ministri (Sanshikan Oyakata)  nell’amministrazione ed era in rapporti amichevoli con Hirofumi Ito (Primo ministro del primo periodo Meiji). Le sue opere letterarie, negli studi classici sia giapponesi sia cinesi, furono scritte sotto lo pseudonimo di Rinkakusai e ricevettero grande considerazione. Asato studiò equitazione con Mekata sensei, un precettore del periodo Meiji; l’arte della spada con Yashichiro Ishuin dello jigen ryu, e tiro con l’arco con Sekigushi sensei. Asato sensei non smise mai di studiare e introdusse l’essenza dei propri studi nell’arte del suo karate. Ho rispettato molto i suoi sforzi e la sua attitudine. C’è un antico proverbio che dice: “Se una persona eccelle in un’arte, allora può trionfare su colore che praticano molte discipline” ( Forse è il contrario dell’espressione occidentale “Occuparsi un po’ in tutto senza essere esperto di niente A jack of all trades, and master of none") . Questa espressione ingloba la personalità di Asato sensei.
Ci fu un uomo chiamato Kanna-no-kata-nikai ( Kanna è un cognome, mentre kata, in questo caso, significa “spalle”. Nikai significa “due piani”, come in una casa a due piani, mentre no è la particella grammaticale. In questo contesto, il termine significa “Kanna con due piani di spalle”)  largamente rispettato in quanto miglior uomo di spada delle Ryukyu. Kanna san godeva anche di grande considerazione nel regno per i suoi classici giapponesi e cinesi, oltre alle arti marziali. Aveva un paio di spalle come una casa a due piani, non sorprende da dove derivi il suo soprannome. Neppure con la sua incredibile mole e forza e i suoi tentativi, riuscì a surclassare il sensei, con suo grande dispiacere. Quando interrogai il sensei riguardo a questa questione, disse: “La tecnica di Kanna non era inferiore alla mia, ma quando si osservano le persone da un punto di vista marziale, bisogna tenere presente tre considerazioni: man (Significa “riempire”, “completare” e “soddisfare”) , san (Significa “un po’”) ed etsu (Significa attraversare, oltrepassare, andare a pezzi, superiore) . Il carattere di Kanna incarnava senza dubbio la prima. Questo tipo di personalità tende a guardare le altre persone con aria di superiorità. Sarebbe stato impossibile sconfiggere un avversari la cui indole è rafforzata da sun oppure da etsu.
Una persona poco preparata non può competere con qualcuno che possiede forti caratteristiche man. Fingendo di essere impreparato, un avversario molto sicuro di sé tende ad attaccare in modo imprudente. E’ come tendere l’esca a un pesce affamato, il pesce vede il cibo e lo afferra immediatamente. Come Kanna, il suo attacco è vano anche se mi affronta con il bokuto o con il karate”.
Sempre entusiasta di porre al sensei una pletora di domande, da lui ho ricevuto molte lezioni preziose, con la consapevolezza che in futuro avrei tramandato le sue parole al figlio nel momento adatto. Ricordo che sensei mi diceva che solamente dopo essere diventato padre aveva finalmente compreso il concetto confuciano di avere altri maestri in grado di insegnare ai propri figli (Un costume tipico di quell’epoca era era che gli insegnanti di arti marziali le facessero studiare ai loro figli con qualcun altro (un allievo esperto o un collega) . Con il passare degli anni le sue lezioni divennero sempre più ricche di significato.

C’è un proverbio nell’arte della spada che dice: “La lama di una spada può uccidere una persona”, che è stato ripreso in altre tradizioni come nel tiro (“un proiettile può uccidere una persona”), nel tiro con l’arco e addirittura nell’arte della lancia. Vale anche per il karate: “Un pugno può uccidere una persona”. Ritengo che tale detto denoti un certo rispetto per la tradizione, ma non credo sia veramente apprezzato. Soltanto quando si ha sviluppato la capacità di prendere una vita umana in combattimento la strada delle arti marziali può essere davvero compresa. Quando si usano i pugni, raramente si vede sangue, perché le ferite esterne non sempre lasciano lividi. Non c’è ragione di discutere in merito a cosa può uccidere più velocemente una persona, se una spada o un pugno, poiché è ovvio che una lieve ferita causata da una spada può rimarginarsi velocemente. Dall’altra parte, ci sono vittime da colpi di karate che non hanno preso sul serio le loro ferite e sono deceduti alcuni anni dopo.
Mi domandano spesso quanto sia efficace il karate contro armi letali e ordinarie. La storia testimonia di molti audaci resoconti di coraggiosi esperti di karate, ma non dimentichiamoci che le armi sono semplicemente degli strumenti presi in prestito. Qualsiasi praticante di arti marziali competente sarebbe capace di prendere il comando di situazioni simili. Vi fornirò un esempio condividendo la storia del fratelli Yoshioka, due eccellenti uomini di spada.
Uno dei fratelli Yoshioka smise i suoi studi di arti marziali per dedicarsi al commercio nella classe dei mercanti. Passarono anni senza alcun incidente e poi una notte venne attaccato da uno tsujigiri (Un brigante-criminale). Riuscì ad evitare di essere colpito dalla spada sebbene non praticasse da anni. Lo tsujigiri sferrò un altro attacco, ma Yoshida afferrò la situazione e scaraventò l’avversario a terra. Respirando lentamente e osservando lo tsujigiri a terra, quella che doveva essere la vittima disse: “Io sono Yoshioka… quale rancore nutri contro di me?”. Completamente fuori di sè, il criminale sprofondò in mille scuse. Questo è un esempio perfetto di come si possa giudicare male una persona semplicemente perchè non porta armi. E non è neppure saggio giudicare la bravura di qualcuno solo perchè porta delle armi. Il punto in questione rimane sempre la destrezza personale.

Era l’estate del 1928, dopo il “Teppan-jikeri” (L’Incidente del Piatto di Ferro”) a Osaka, periodo in cui le voci di quanto fosse terrificante il karate iniziarono a diffondersi da un capo all’altro di Kansai. Un episodio bizzarro che coinvolgeva un uomo 5-6 ri (Una distanza tra 19,5 e 23,4 chilometri”) lontano da Naha con l’uso del karate, venne riportato sul giornale di Osaka. L’articolo del giornale descriveva quanto fosse stato difficile arrestarlo e, sebbene fosse solo un praticante amatoriale, ci vollero quasi tre ore e ben trenta poliziotti per riuscire a bloccarlo. Una questione alquanto complicata, recentemente ho sentito che si stava discutendo alla corte d’appello di Nagasaki, se il karate sia veramente un’arma letale oppure no. Una cosa è certa, questo è un esempio di quanto il karate sia efficace.
Circa sei o sette anni fa insegnavo karate in una scuola per ragazze. Un giorno insegnai alle ragazze tre o quattro tecniche di autodifesa. Il giorno dopo una delle ragazze mi raccontò di essere stata afferrata da dietro da un energumeno la sera precedente e di aver reagito usando esattamente latecnica che io le avevo insegnato. Riuscì a gettare a terra l’uomo.
Vorrei descrivere anche un altro episodio. In una sera buia, una giovane cintura nera rientrava a casa in periferia dopo essersi allenata fino a tardi nel centro sportivo. Uno straniero le si avvicina intavolando una conversazione basata su quanto fosse tardi per una ragazza così giovane camminare da sola. Lei lo ignorò e continuò a camminare, ma lo straniero insisteva e alla fine le si avvicinò. Lei si fermò bruscamente, si girò lentamente, si accostò allo straniero e si dispose in una posizione di karate e urlò rabbiosamente “cosa vuoi?”. Visibilmente scosso da suo kiai, l’uomo fece una strana faccia e scattò via veloce come era apparso all’inizio.

La vittoria di una competizione porta a vantarsi della propria prodezza. Vincere o perdere, non è necessario vantarsi del risultato. Spesso i giovani dal sangue caldo sono facili al combattimento e vincono grazie alla loro forza assoluta. Tuttavia gloriarsi delle proprie prodezze rende questi giovani solamente troppo sicuri di sè e di conseguenza vulnerabili. Una volta, quando ancora vivevo nel mio paese natale, un giovane muscoloso mi fece visita. Non aveva fatto molto da quando aveva terminato la scuola media inferiore e si vantava di poter sconfiggere cinque persone in una volta sola. Immagino che ricevere una visita da una persona del genere avrebbe impaurito chiunque, invece io mantenni la calma. Giudicando dalle sue dimensioni ero praticamente certo che questo ragazzo avrebbe probabilmente battuto dieci o addirittura venti persone deboli, ma contro anche un solo buon lottatore non sarebbe durato neppure dieci secondi. Non volendo deludere il giovane, lo invitai ad attaccarmi usando tutta la sua forza, promettendo che non avrei reagito colpendolo. Senza ulteriore incoraggiamento, cercò di colpirmi roteando, ma non servì a nulla. Quando il giorno successivo lo incontrai, aveva entrambi i polsi coperti da bende. Naturalmente gli chiesi se aveva avuto una nottata difficile e lui con un’espressione imbarazzata sul viso, negò. Mi disse che i suoi polsi si erano gonfiati dopo che ieri avevo bloccato i suoi pugni! Dopo quello scontro, decise di ascoltarmi, cambiò attitudine e divenne mio allievo. Ci fu un altro episodio simile a questo e anche in quel caso la persona cambiò il suo modo di vedere le cose e divenne mio allievo.

Personalmente non ho grandi storie da raccontare riguardo a mie vittorie e posso dire di non avere mai ferito nessuno in tutti questi anni di pratica del karate. Infatti vincere senza combattere è la più grande vittoria. Lasciate che vi spieghi una lezione del mio defunto maestro. Asato sensei era solito asserire che “La vittoria in un combattimento non garantisce una spiegazione, vincere senza combattere personifica il vero spirito del guerriero” (Da una poesia cinese). Si tratta della stessa strategia tattica utilizzata dall’esercito in qualsiasi nazione saggia. In questo caso esiste la differenza tra un bluff infondato e un atteggiamento dignitoso di vera forza. Cosciente delle proprie parole, questo guerriero non ha mai ucciso nessuno. Combattere invano è come uno stelo di riso che non produce cibo: non ha alcun valore (Il proverbio contrario dice: “Più maturo diventa il riso, più è basso/più c’é riso sullo stelo, più profondamente s’inchina; significa che più grande diventa guerriero, più è calmo, austero e umile”). Come il proverbio “Vasi vuoti fanno il massimo rumore”.

Lasciate che vi presenti una lezione importante che condivido sempre con gli allievi di arti marziali giovani e impressionabili: “Sforzarsi di essere come un adulto che riesce ad accettare l’egotismo di un bambino”. Mi aspetto che gli allievi si allenino duramente e diventino abbastanza esperti per capire che un avversario è meno forte di loro. Bisogna cercare di non sottovalutare nessuno, questa mentalità conclude che il combattimento e la violenza fisica sono solo una perdita di tempo, mentre bisogna allenarsi nella difesa personale. Come un adulto che accetta l’ego di un adolescente. Qualche volta il comportamento dei bambini è irresponsabile? Sì. E questa sarebbe una buona ragione per percuotere un bambino? No. L’essenza del karate si trova nella progressione dalla tecnica (jutsu) alla via (michi), dal karate jutsu al karate do (Funakoshi sottolinea la trasformazione cui va incontro il proprio carattere attraverso il veicolo fisico della pratica). Il termine karate jutsu non viene praticamente più utilizzato a Okinawa da quando è stato istituito il karate do.
Per me “Karate ni sente nashi” (Un detto che significa: “Nel karate non si attacca mai per primi”) è l’essenza basilare del karate do. Questa osservazione impone che l’azione necessita una risposta, e che se non vi è un attacco, allora non è necessario difendersi. Se la vittoria è sicura, allora sia l’immobilità sia il movimento, come l’infinità dello yin e dello yang, devono essere intuite come se avessi gli occhi dietro la testa. Una spada che taglia l’aria può essere poco tagliente come il piombo, ma i pugni di ferro forgiati nella fornace del karate hanno un incredibile potere mortale. Coloro che agiscono senza pensare e combattono senza motivo è come se cercassero la morte.

Una poesia cinese dice qualcosa del tipo “Un’aquila spiega le ali e vola via proprio un momento prima di essere colpita da un’arma da fuoco”. Senza esperienza e intuito una persona stupida è incapace di percepire le reazioni di un maestro. Soltanto una persona sulla retta via e che conosce tecniche di base è in grado di una spontaneità funzionale, la capacità di spostarsi verso la volontà.

Il karate ha circa venti kata, che sono come dei libri di testo per gli studenti o manovre tattiche per i soldati. Questa pratica è equilibrata dai principi dell’onestà, gioco corretto e modestia, oltre all’essere razionali e logici. Nei tempi antichi i maestri solevano testare il carattere e il comportamento di un potenziale allievo prima di guadagnarsi la loro fiducia. I maestri non avrebbero mai accettato che persone di natura cattiva diventassero loro studenti, anche se si fosse trattato del proprio figlio. Al contrario, si dice che il karate possa rendere gentile anche l’uomo più feroce. I maestri nella scuola in cui insegno mi informano spesso che i miei allievi di karate diventano gradualmente più garbati. Commenti del genere sono un piacere e rendono orgogliosi.
Verso il futuro

ImgNell’estate del 1922, il Ministro dell’educazione tenne la prima mostra nazionale di atletica a Tokio. Fui invitato a presentare la poco conosciuta arte del karate e portai con me i rotoli con le informazioni. Dopo l’esibizione, visitai la residenza privata di Jigoro Kano sensei e mi offrì di fare una dimostrazione di karate per lui. Sensei era lieto della mia visita, ma suggerì che la mia visita meritava un pubblico, non solo lui, così mi disse di tornare dopo due giorni. Quando tornai, scoprii con sorpresa che aveva invitato molti judoka di alto rango, insieme a circa ottanta studenti del suo dojo a Tomizaka Shimo. Kano sensei provò l’arte del karate e mi pose svariate domande. Durante la mia dimostrazione spiegavo la tecnica di colpire con un pugno e allo scopo di rendere chiaro il mio punto, mantenni il mio pugno in una posizione estesa. Un 9° dan di nome Yamashita mi chiese perchè lo facessi e perchè non l’avessi ritratto. Sebbene la domanda mi sembrasse alquanto semplice, sapevo che solo un esperto allenato avrebbe comprese le implicazioni. Risposi senza esitazione che non appena il pugno viene scagliato, è seguito da un’altra tecnica.

Veramente questa questione mi riporta a un fatto simile. Dopo la visita a Kano sensei, incontrai Yagyu shihan e il defunto generale Yashiro al dojo Hekikyo-kan a Ushigome Wakamatsu-cho, Tokio. Il dojo apparteneva a Tajimanokami Yagyu ( Il caposcuola di undicesima generazione dello Yagyu shinkage ryu). Portai con me uno studente di karate (Gima Shinken) dalla mia città natale per assistermi nella mia dimostrazione. Una delle tecniche che eseguì era una tecnica di bloccaggio contro un calcio, dopo il quale rispondevo eseguendo un pugno alla faccia del mio avversario, e spiegai l’importanza di “riuscire a mantenere libera la propria mente”. Maestro di spada, Yagyu shihan sembrò cogliere immediatamente il significato della mia dimostrazione. In seguito fece notare che lo spirito di tutte le arti marziali è il medesimo, come una massima tramandata all’interno della loro tradizione: “Waza non dovrebbe avere limiti”.

Il maestro Asato sosteneva sempre i principi dello yin e dello yang, incoraggiandoci a percepirli attraverso un’antica espressione: ki/qi, che rappresenta la battaglia esistente nell’universo, e se siamo incapaci di utilizzare quest’energia, la vittoria non si trova nella ricerca. Per quanto riguarda il karate non c’è alcuna differenza: secondo il principio di questa arte marziale, l’attacco e la difesa sono intercambiabili come i principi che regolano lo yin e lo yang si influenzano l’un l’altro.
Sebbene il karate stia diventando popolare nei distretti sia di Tokio sia di Osaka, troviamo ancora molti giovani che non ne hanno mai sentito parlare. Ci sono giovani che studiano a livello individuale e altri che partecipano a lezioni di gruppo nei dormitori di un grande magazzino locale. Io stesso insegno in nove diverse scuole superiori e universitarie, cosa che contribuisce alla diffusione della pratica del karate.

Quando arrivai a Tokio  la prima volta (nell’aprile del 1922), solamente pochi avevano mai sentito nominare il karate e sicuramente nessuno aveva immaginato la popolarità che stiamo raggiungendo. La mia idea iniziale era solamente di introdurre il karate, ottenere il maggior numero di contatti, fare dimostrazione di quest’arte ovunque riuscissi e alla fine fare ritorno a Okinawa. In quel periodo incontrai un noto arista di nome Hoan Kosugi che mi invitò a tenere un seminario presso il Club popolare di Tokio (L’area di Tabata è stata definita il Villaggio degli scrittori e degli artisti di Tabata, perché un tempo, durante l’epoca Meiji, gli scrittori e gli artisti del Giappone vivevano in questa zona. A quei tempi Tabata era un borgo di campagna con campi intervallati a macchie d’alberi. Quando la Scuola di belle arti di Tokio (oggi Università Nazionale di Belle Arti e Musica di Tokio) fu aperta a Ueno nel 1889, un certo numero di giovani artisti si trasferì a Tabata. Hoan Kosugi fu il primo a trasferirsi qui nel 1900, seguito da Hazan Itaya nel 1903, poi da Saburo Yoshida (scultore), Hotsuma Katori (scultore di metalli) e Kanae Yamamoto (pittore in stile occidentale). Questi artisti formarono il Club popolare di Tabata e trasformarono Tabata in un villaggio di artisti. Più tardi, nel 1928, il famoso scrittore Ryunosuke Akutagawa si trasferì a Tabata. Si unì a lui nel 1930 Saisei Murou. Quando i suoi scritti divennero famosi, attrassero altri aspiranti scrittori: Sakutaro Hagiwara, Tatsuo Hori, Hiroshi Kikuchi e Shigeharu Nakano. Gli anni tra le epoche Taisho e Showa testimoniarono così la formazione del villaggio di scrittori di Tabata. Il Tabata bunshimura shiryokan (Museo storico degli scrittori e degli artisti di Tabata) fu costruito per celebrare le opere di questi scrittori e artisti. Le esibizioni comprendono le opere di Ryunosuke Akutagawa e di altri scrittori e artisti. Il museo organizza anche varie conferenze e mostre speciali.)
Naturalmente accettai tale offerta con entusiasmo, e ricordo nitidamente l’incontro con Harishige (Non sono del tutto sicuro della pronuncia del nome di questa persona.), dell’associazione di tennis, e un altro artista, Tsuruzo Ishi, che erano tra i partecipanti. Avevo già sentito parlare dell’artista Hoan Kosugi in precedenza, perchè una volta aveva visitato la mia città natale. Più tardi scoprii che Kosugi aveva una passione dichiarata per l’esercizio fisico, e in verità studiava karate da oltre dieci anni. Adesso, ogni volta che parla pubblicamente e ha la possibilità di parlare di karate, sono così lusingato che affermi con orgoglio di essere stato il mio primo allievo nell’area di Tokio.
Dopo un’intera piacevole settimana di seminario al Club popolare, l’ultimo giorno venne organizzata una cena d’addio. Nel corso della cena, Kosugi mi suggerì di scrivere qualcosa sul karate, perchè dopo il mio rientro a Okinawa non avrebbe più avuto nessuno a cui fare domande. Dopo cena rientrai al mio alloggio nel dormitorio studentesco della prefettura, dove, sebbene avessi bevuto più del dovuto, iniziai a riflettere su quanto scrivere. Il mattino seguente avevo abbozzato un libro intero e nel giro di pochi giorni il libro fu completato. Non appena terminai di scrivere il libro andai a far visita a Kosugi per mostrarglielo. Era sorpreso e impressionato di come fossi stato veloce a completare il mio compito. Scoprii anche di avere frainteso quello che Kosugi mi aveva detto. Mi aveva semplicemente chiesto di scrivere un articolo per una rivista, ma io mi ero convinto che si aspettasse un libro da me. Di tanto in tanto scherza ancora su questa storia e ricorda che la velocità del mio karate era equiparata solamente alla rapidità con cui scrivevo.

Il destino è sicuramente strano, infatti fu solo un piccolo incoraggiamento da parte di qualcuno come il signor Kosugi, insieme alla mia confusione, che mi fece decidere di rimanere a Tokio per oltre dieci anni, invece dei pochi giorni che avevo pianificato inizialmente. Ero praticamente pronto a ritornare a casa fino al momento in cui il Club popolare mi presentò un’opportunità. Questo è un esempio di come le cose possano trovare una svolta positiva da un semplice fraintendimento. Naturalmente intendevo rimanere a Tokio a tempo indeterminato.
ImgHo sessantasei anni ora, e iniziai la pratica del karate all’età di dodici o tredici anni e da allora non ho mai smesso di allenarmi. Anche se pratico da ben cinquataquattro o cinquantacinque anni non sono sicuramente un’eccezione, perchè ci sono molti appassionati di karate come me. Asato sensei morì all’età di ottant’anni. Itosu sensei cavalcò il suo cavallo fin alla Shihan-Gakko (L’università del vecchio insegnante) ogni giorno finchè non ci lasciò all’età di ottantacinque anni. Matsumura okina, l’insegnante di Itosu e Asato, morì alla veneranda età di nonvantatre anni. Credo che questi maestri avessero una salute cagionevole da bambini e per rafforzare il loro fisico vennero introdotti alla pratica marziale. Per esempio, Asato sensei era una creatura fragile nell’infanzia, e iniziò a studiare karate a causa della sua costituzione debole. Io stesso soffrivo di digestione difficile finchè non iniziai la pratica del karate. Infatti andavo dal medico per avere la mia medicina quotidiana. La loro famiglia per sette generazioni ha prestato servizio nella famiglia reale in qualità di medici. Dopo avere iniziato ad allenarmi nell’arte del karate non ebbi più bisogno di tornare dal medico e non mi sono neppure più ammalato. Sebbene suoni un po’ bizzarro, forse ancora più in linea con quello che potrebbe scrivere in un libro il fondatore di una setta religiosa, sembrerebbe che la malattia sia un nemico del karate.
Comunque sia, non ho mai mancato a un solo giorno di lavoro in ventitre anni di impiego come insegnante in una scuola elementare.

Img Recentemente mi trovavo in treno al rientro da una lezione di karate tenuta all’università. Era pieno pomeriggio, un orario in cui il treno non è così affollato. Sul treno c’era un uomo ubriaco e con il morale allegro. Si guardava attorno in modo irrequieto, finchè non trovò me e avanzò barcollando fino a me. Avvicinò il naso alla mia bocca e iniziò ad aspirare rumorosamente con il naso come un cane e chiese conferma che non avevo bevuto. Glielo confermai, allora lui indietreggiò, mi fissò e con modi molto formali farfugliò un complimento affermando che il mio colorito era brillante e alquanto ammirevole. Il resto dei passeggeri mi guardò e iniziò a ridere allegramente.
Vorrei raccontarvi un altro episodio in merito al mio aspetto che successe quando ancora abitavo nella mia città (a Okinawa). Un giorno una persona opulenta abituata a mangiare come un re, notò il mio bell’aspetto e mi chiese di condividere con lui il segreto della mia dieta. Gli dissi che seguivo una dieta semplice e che non mi ero mai preoccupato della mia alimentazione. Non riusciva a capire come fosse possibile.
Ho un’opinione da molti condivisa sull’aspetto di una persona: sottoporsi a un esercizio appropriato ci rende naturalmente sani e aumenta la circolazione sanguigna, migliorando, di conseguenza, il proprio aspetto. Questo è semplicemente logico e ordinario. Un medico mi disse che un terzo del nostro sangue è congestionato nelle persone con una digestione debole, questo è la causa di una carnagione pallida. Sarebbe un miracolo per chiunque avere un bel colorito con una circolazione povera.

ImgA parte il proprio aspetto, vorrei parlarvi anche del fisico. Alcuni anni fa, quando compii sessant’anni ricevetti un complimento degno di essere menzionato. Io e il mio terzogenito insegniamo karate all’Università Imperiale di Tokio. Un giorno un professore, dopo avermi guardato insegnare in una lezione, disse a mio figlio come ero giovane e si chiedeva se avessi ancora quarant’anni. Persino gli abitanti del villaggio, che conosco da molto tempo, ammirano il mio aspetto giovanile e sostengono che ci sia uno squilibrio tra la mia età e il mio corpo. Anche se questo commento è adulatorio, è vero, sembro giovane. Personalmente, non sarei disturbato da un aspetto più giovane e desidererei averne uno. Anche quando si invecchia, il corpo non deve avere fretta di seguire la senilità fino alla tomba.

Ritengo che la questione dell’età e del corpo sia importante e ho un altro episodio interessante da condividere con voi. In questi anni ho vissuto nella mia città natale, quasi ogni anno venivo selezionato come giudice ai rituali di sumo (tegumi) al tempio di Naminouegu. Avevo studiato l’età degli atleti provenienti dai diversi distretti della prefettura di Okinawa e ho ventisei constatare che gli atleti tendono a raggiungere la forza massima intorno ai ventisei anni, sebbene alcuni credano che sia a venticinque anni. C’era un’unica eccezione nei miei studi, un famoso lottatore di sumo che viveva a circa quindici chilometri dalla capitale di prefettura della città di Naha. Sebbene avesse quarant’anni, continuava a gareggiare per il suo distretto. Alla sua età se perdeva avrebbe avuto una buona scusa per ritirarsi. Se vinceva avrebbe invece acquistato credito per la sua vittoria. A dispetto della sua età, l’avevo classificato nelle più alte posizioni dei san-yaku (Uno dei tre gradi più alti della lotta sumo). Il suo avversario, naturalmente, sapeva di essere il più forte della prefettura. Il sumo okinawense è un po’ diverso da quello generale (diverso dal sumo giapponese), infatti i competitori afferrano uno la cintura dell’altro con entrambi le mani nel corso dell’attacco, e gli viene permesso di poggiare a terra mani e ginocchia se lanciati. Atterrare sulla propria schiena significa sconfitta e le vittorie della competizione sono determinate dal meglio dei tre incontri. Ferite causate da spinte sono naturalmente rare. In ogni caso, in questa particolare gara il quarantenne scagliò a terra con violenza l’avversario più giovane e più grosso più volte di seguito, finchè la vittoria non fu sua.

Studiosi e medici affermano che gli atleti raggiungono il loro massimo tra i quindici e i quarant’anni, sebbene la maggior parte delle persone sia incline a interrompere la pratica atletica all’età di trent’anni. In realtà, la condizione fisica non inizia a declinare a trent’anni, bensì migliora, attraverso l’esercizio. Un uomo di quarant’anni proveniente da Hokkaido vinse la corsa di lunga distanza tra Tokio e Osaka quattro o cinnque anni fa. Il primo campione di sumo sponsorizzato dal giornale Nichi, un ex tochigiyam di quarant’anni che ora si è ritirato. Ci sono persone ultrasessantenni che continuano ad allenarsi ogni giorno per competizioni a lunga distanza e non sono meno forti dei giovani. Secondo me le persone non perdono la loro forma neppure a sessanta o settant’anni. Infatti, finchè siamo in grado di mantenere un’attitudine mentale positiva, allenarsi costantemente e aver fiducia nel proprio corpo, si rimane giovani. Inutile dire, comunque, che dipende dagli esercizi fisici.

ImgA Okinawa, gli uomini anziani vengono chiamati tanmei (anziani), ma l’uso del termine è scortese. Un karateka anziano è chiamato bushi tanmei (praticante di arti marziali anziano), perché avendo dimostrato la sua forza, più anziano diventa, più è rispettato.
A Okinawa il termine bushi non indica un membro della classe samurai (come indica nel continente), ma piuttosto un praticante di arti marziali. Non si tratta solamente di un preconcetto, i maestri di karate moderno di Ryukyu possiedono un immenso buchikara (potenza dell’arte marziale). Tali persone non sono mai state sconfitte neppure da studenti molto esperti che si possono essere allenati quaranta, cinquant’anni con un maestro. Anche quando il maestro veniva attaccato da studenti più giovani e più forti, ed era molto malato, dubito che fosse sconfitto. Non è un miracolo che praticanti di arti marziali appartenenti a varie tradizioni, sia nell’antico Giappone sia ora, diventassero sempre più forti di anno in anno.
A Okinawa i bushi tanmei sono considerati come kohijin. In breve, il termine kohijin indica qualcuno che non è solo forte, ma anche sessualmente attivo. Mantenere una mente giovane, insieme a un continuo allenamento fisico, incentiva una mentalità sana e migliora la propria forza nel corso dell’intera vita. E’ indubbio che il bushi tanmei è ben diverso da un anziano vacillante. Molti uomini d’affari e politici sono in buona salute e ancora vigorosi in età avanzata. Sebbene non si siano allenati fisicamente, mantengono il loro spirito vivo e giovane.Img
L’altro giorno alcuni ragazzi mi hanno portato in gita a Shiobara (nella prefettura di Tochigi). Indossavo un paio di bassi geta (zoccoli) comodi e semplici che usavo ogni giorni quando le condizioni climatiche erano buone per camminare in montagna. Uno dei miei compagni s’informò su come riuscissi a camminare con quelle calzature senza cadere. Sebbene mi fossi trasferito in periferia, raggiungevo ancora Tokio ogni giorno con quelle geta di semplice fattura per insegnare karate a una coppia di universitari, e non sono mai né caduto né giunto a destinazione con il respiro corto. Sono fiducioso che in questo modo manterrò il mio fisico in forma per tutta la vita.

Le origini del karate sono legate alla prevenzione del declino fisico e dell’atrofia spirituale. Che valore avrebbe il mio sforzo, se dopo cinquant’anni dedicati all’allenamento dovessi crollare? Nel corso della nostra giovinezza siamo spesso confusi dalla delusione, tuttavia più invecchiamo meno siamo disorientati. E’ proprio nel momento in cui miglioriamo il peso e la flessibilità del nostro corpo che possiamo vedere in modo chiaro il movimento di un avversario, e questo è il mezzo per perfezionare le proprie capacità.
Come conclusione a questa presentazione, vorrei citre le caratteristiche del karate, anche se comunque bisognerebbe comprendere che il karate inizia e termina con il kata. Se uno si muove verso sinistra, uno dovrebbe muoversi anche verso destra. Se uno fa un passo avanti, farà anche un passo indietro. Se si usa la mano sinistra, si farà uso anche della destra. Se si calcia con il piede sinistro, si è in grado di calciare anche con quello destro. In conclusione, l’intero corpo viene utilizzato in ogni sua parte in armonia ed equilibrio. Ogni movimento ha anche un significato (difensivo) contro un antagonista immaginario, il che naturalmente rende la pratica più interessante. Inoltre, uno non deve dipendere dagli altri, infatti l’arte del karate può essere praticata da soli, sempre e ovunque, anche solo per alcuni minuti. La durata dell’allenamento e l’intensità della pratica possono essere determinati da se stessi. Senza tenere conto dell’età, del sesso e della condizione, chiunque può praticare il karate. E’ anche un eccellente complemento all’educazione fisica ed è stato riconosciuto dal Monbusho, il Ministero dell’educazione, come programma formale nelle scuole medie della prefettura di Okinawa.

E’ difficile spiegare cosa sia il karate senza darne una dimostrazione pratica, e anche in quel caso, tuttavia, non si può trasmettere facilmente. Le reali caratteristiche del karate non si possono trovare neppure nel divertimento commercializzato o nelle competizioni. Il fatto che l’equipaggiamento protettivo e le gare agonistiche non possono essere formulate per il karate, indica qualcosa della vera essenza di quest’arte.

Nel marzo del 1921 il principe incoronato Higashinomiya-Denka (Hirohito divenne Imperatore nel 1926), in viaggio verso l’Europa, visitò Okinawa, e seicentomila cittadini gli diedero il benvenuto. Furono fatte sei diverse dimostrazioni per i suoi servitori, e quella di karate fu la sola ufficialmente accettata. Ebbi il privilegio e l’onore di essere nominato leader tra i dimostratori. Il motivo pensai fosse che il principe incoronato è noto per essere un uomo saggio che apprezza il bunburyodo (letteralmente spada e penna), ma poi mi feci umile, e in privato gli chiesi perché scelse il karate.
Il karate fu sviluppato per condizionare il corpo, coltivare la mente e nutrire lo spirito. Da ciò nasce il ki-ryoku (Forza di volontà e vigore), che forma uomini capaci per sostenere il paese, e che fungeranno da katsujinken (si paragona un uomo a una spada vivente, una guardia d’elite di primo grado) contro fuorilegge, ribelli o sconsiderati. Come un fiore, il karate delle Ryukyu è germogliato nella nostra terra, dando frutti che contribuiscono alla razza di Yamato (i Giapponesi) e in ultima analisi al mondo.

Note
1 -  Stile del tempio Shaolin
2 -  Funakoshi scrive la parola moderna karate, ma in realtà si riferisce al quan fa/kenpo
3 - Forza interna
4 - Forza esterna
5 - Nato nel 1867, morto nel 1947; è ritenuto uno dei principali romanzieri del Giappone dell’epoca Meiji
6 - Conosciuto anche come Kosokun
7 - Si veda la pubblicazione del 1762 Oshima hikki e la testimonianza resa da  Shiohira raccolta dallo studioso confuciano Ryoen Tobe
8 - Qui il maestro Funakoshi usa gli ideogrammi per quan fa.
9 - L’aspetto spirituale dell’allenamento; vale a dire “forgiare lo spirito” (perfezionare il carattere) attraverso un addestramento fisico e mentale e lo studio dell’etica.
10 - La popolazione di Okinawa come etnia, gli Uchinanchu
11 - Tamburo di guerra
12 - Il tipo di sumo che Funakoshi descrive sarebbe lo stile tegumi di prese, noto in seguito come sumo di Okinawa, che non dev’essere confuso con lo stile giapponese di lotta sumo.
13 - In senso stretto corrisponde al periodo che va dalla guerra di Onin del 1467 all’entrata di Oda Nobunaga a Kyoto nel 1568, ma in senso più ampio potrebbe anche arrivare fino alla fondazione dello shogunato dei Tokugawa nel 1603
14 - Calci saltati
15 - 2,4 metri
16 - Settantadue litri
17 - Zoccoli di legno
18 - Okina è un vecchio titolo onorifico locale di Okinawa per definire un anziano gentiluomo
19 - Il cancello di un tempio scintoista
20 - Pipa di bambù per tabacco
21 - Pratica del taglio con una spada giapponese
22 - Letteralmente mettere alla prova il proprio coraggio e la propria abilità
23 - Sfida
24 - Circa novanta litri
25 - Una stretta passatoia di legno sul limitare di case vecchio stile di Okinawa rivolta al giardino
26 - I giapponesi hanno interpretato anji/aji come daimyo. Douglas Haring, Okinawan customs, yesterday & today, The Takanoya account, p. 43
27 - Sanshikan Oyakata
28 - Forse è il contrario dell’espressione occidentale “Occuparsi un po’ in tutto senza essere esperto di niente A jack of all trades, and master of none
29 - Kanna è un cognome, mentre kata, in questo caso, significa “spalle”. Nikai significa “due piani”, come in una casa a due piani, mentre no è la particella grammaticale. In questo contesto, il termine significa “Kanna con due piani di spalle”.
30 - Significa “riempire”, “completare” e “soddisfare”
31 - Significa “un po’”
32 - Significa attraversare, oltrepassare, andare a pezzi, superiore.
33 - Un costume tipico di quell’epoca era era che gli insegnanti di arti marziali le facessero studiare ai loro figli con qualcun altro (un allievo esperto o un collega)
34 - Un brigante-criminale
35 - L’“Incidente del Piatto di Ferro”
36 - Una distanza tra 19,5 e 23,4 chilometri
37 - Da una poesia cinese
38 - Il proverbio contrario dice: “Più maturo diventa il riso, più è basso/più c’é riso sullo stelo, più profondamente s’inchina; significa che più grande diventa guerriero, più è calmo, austero e umile”
39 - Funakoshi sottolinea la trasformazione cui va incontro il proprio carattere attraverso il veicolo fisico della pratica
40 - Un detto che significa: “Nel karate non si attacca mai per primi”
41 - Il caposcuola di undicesima generazione dello Yagyu shinkage ryu
42 - Gima Shinken
43 -  Aprile del 1922
44 - L’area di Tabata è stata definita il Villaggio degli scrittori e degli artisti di Tabata, perché un tempo, durante l’epoca Meiji, gli scrittori e gli artisti del Giappone vivevano in questa zona.
A quei tempi Tabata era un borgo di campagna con campi intervallati a macchie d’alberi. Quando la Scuola di belle arti di Tokio (oggi Università Nazionale di Belle Arti e Musica di Tokio) fu aperta a Ueno nel 1889, un certo numero di giovani artisti si trasferì a Tabata. Hoan Kosugi fu il primo a trasferirsi qui nel 1900, seguito da Hazan Itaya nel 1903, poi da Saburo Yoshida (scultore), Hotsuma Katori (scultore di metalli) e Kanae Yamamoto (pittore in stile occidentale). Questi artisti formarono il Club popolare di Tabata e trasformarono Tabata in un villaggio di artisti. Più tardi, nel 1928, il famoso scrittore Ryunosuke Akutagawa si trasferì a Tabata. Si unì a lui nel 1930 Saisei Murou. Quando i suoi scritti divennero famosi, attrassero altri aspiranti scrittori: Sakutaro Hagiwara, Tatsuo Hori, Hiroshi Kikuchi e Shigeharu Nakano. Gli anni tra le epoche Taisho e Showa testimoniarono così la formazione del villaggio di scrittori di Tabata. Il Tabata bunshimura shiryokan (Museo storico degli scrittori e degli artisti di Tabata) fu costruito per celebrare le opere di questi scrittori e artisti. Le esibizioni comprendono le opere di Ryunosuke Akutagawa e di altri scrittori e artisti. Il museo organizza anche varie conferenze e mostre speciali.
45 - Non sono del tutto sicuro della pronuncia del nome di questa persona.
46 -  L’università del vecchio insegnante
47 -  Uno dei tre gradi più alti della lotta sumo
48 - Forza di volontà e vigore

Un grazie particolare ai membri della IRKRS di stanza in Giappone, a Mark Tankosich, che ha fornito una copia dell’articolo originale giapponese per la traduzione.

Tabella Storia


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