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L'Educazione degli Adulti 1
L'agire Comunicativo - La Comunicazione Educativa
Armando editore 2000
A cura di Padoan Ivana Maria
Università di Venezia Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze

3. Cura e vigilanza del linguaggio verbale 33

Sono sempre pi ù numerosi i riferimenti e le teorie che spiegano l'insuccesso scolastico e formativo in base all'inadeguatezza dei sistemi sociali, istituzionali, ma soprattutto all'inadeguatezza della preparazione cognitiva e linguistica che gli allievi ricevono. La formazione anziché compensare eventuali deficit dell'esperienza sociale familiare, tende ad aggravarli quando si dimostra inadeguata nei metodi didattici, nelle scarse aspettative dei docenti, nell'organizzazione ristretta degli ambienti comunicazionali.

Linguaggio e rapporto sociale
Già B. Bernstein consegnava in tal senso un rapporto drammatico all'OCDE negli anni '70 34. Secondo l'autore, la forma di un rapporto sociale agisce selettivamente su ciò che viene detto, come viene detto e quando viene detto e quindi è la struttura sociale che determina diverse forme di uso del linguaggio . Nella realtà formativa e scolastica la modellizzazione di come e quando vengono elaborate le comunicazioni e in particolare il lessico verbale, determina anche il grado di formazione e di successiva competenza linguistica degli allievi e indirettamente dei docenti.

Bernstein sostiene che quando un adulto parla con un bambino o con un soggetto in difficoltà, tende ad usare una forma in cui la rete semantica, la struttura sintattica e il lessico, risultino relativamente semplificati. In questo caso il rapporto sociale agisce selettivamente sul modello di verbalizzazione. Inoltre nella comunicazione fra persone che si conoscono, spesso i significati non vengono esplicitati sul piano verbale . La comunicazione procede per successive identificazioni sollecitate da uno sforzo o da elementi extra linguistici. In questo caso il linguaggio non verbale gioca da padrone e viene usato per trasmettere all'interlocutore il contesto psicologico interiore di chi parla. Quando in una situazione verrà data più importanza sul piano verbale agli aspetti comuni piuttosto che a quelli individuali, agli aspetti concreti piuttosto che a quelli astratti, agli aspetti immediati di una situazione piuttosto che all'individuazione delle cause e delle intenzioni, il contesto orienta verso la forma di un codice ristretto piuttosto che verso un codice elaborato.
CODICE RISTRETTO CODICE ELABORATO
La forma del rapporto sociale è basata:
- su identificazioni strettamente condivise,
-   su aspettative comuni,
-   su priorità degli aspetti

comuni al gruppo piuttosto che di quelli individuali.
- sul messaggio da più importanza al noi piuttosto che all'io.
La forma del rapporto si basa sulla cultura di un gruppo sociale che:
- da importanza all'io piuttosto che al noi
- le intenzioni e le motivazioni degli altri non vengono date per scontate,
- i parlanti sono indotti ad elaborare i significati sul piano verbale ,
- i parlanti rendono espliciti e specifici i significati .
Nel caso del codice ristretto, l'altro è considerato membro dello stesso gruppo sociale , il codice viene definito dunque di posizione (situazionale) ovvero legato al codice ristretto ai contenuti del contesto. Nel caso del codice elaborato, il parlante considera l'esperienza dell'altro (l'ascoltatore) come diversa dalla sua e darà origine a significati più universali, comprensibili a tutti.

Ambedue i codici a loro volta, danno origine a strutture sintattiche, a termini più appropriati, per esprimere i contenuti della comunicazione. Bernstein usa il concetto di codice non nel senso di " competence" 35 ma nel senso di performance , ovvero la padronanza di diverse forme di uso linguistico all'interno di una stessa capacità linguistica in relazione alle diverse forme sociali nelle quali l'individuo si situa. Il modo effettivo in cui l'adulto si pone davanti all'allievo aiuta la tendenza a una prevalenza dell'uno o dell'altro codice effettivamente utilizzato.

Ippolito 36 sottolinea che le situazioni scolastiche e formative tradizionali sono caratterizzate da una prevalenza di condizioni posizionali. La formazione educativa (come nell'esercito), richiede l'adeguamento ad un unico modello di comportamento pur essendoci un netto confine (stile individuale, produzione) tra sé e gli altri, più in particolare tra l'insegnante e l'allievo. In questa situazione difficilmente viene promossa una comunicazione personalizzata. Inoltre i processi decisionali, la facoltà di formalizzare giudizi, dipende dallo status formale dei membri, e le decisioni non sono aperte alla discussione.
Struttura posizionale Struttura personale
Nella struttura posizionale del contesto:
- il sistema di ruoli è chiuso
-il potere decisionale è distribuito secondo lo status formale dei membri
- la facoltà di esprimere giudizi ed esercitare il potere decisionale è funzione dello status sociale formale dei membri, piuttosto che delle loro caratteristiche personali
Nella struttura a valenza personale :
- il ruolo viene acquisito in base alla qualità
- il soggetto riscopre il proprio ruolo determinato dalle caratteristiche affettive e cognitive
- la facoltà di prendere decisioni e di esprimere giudizi è funzione più delle qualità psicologiche e personali degli individui che del loro status formale
Nelle strutture posizionali prevalgono:
- le modalità imperative che riducono al massimo la possibilità di esercitare il ruolo in modo differenziato sul piano verbale: sta zitto.vieni. dove vai. puoi andare. piantala. hai studiato. hai fatto i compiti
- con mezzi extra verbali
- con gli appelli alla ragione: " Dovresti in grado di farlo alla tua età.i maschi non giocano con le bambole. i buoni studenti non si comportano cosi.".
Nella struttura personale vengono rese esplicite sul piano verbale:
- le relazioni causali . Alle domande vengono fornite spiegazioni che non si rifanno a regole di condotta
- il linguaggio relativo all'apprendimento, è individualizzato .

La formazione tradizionale agisce, in questo senso, in modo profondamente contraddittorio, quando esige:
-   l'uso di un linguaggio ristretto , mentre si dà come finalità l'insegnamento di un linguaggio personalizzato e plurale,
-   l'imposizione di una rigida divisione dei ruoli (assenza di comunicazioni personalizzate) prescinde da quelli che dovrebbero essere i presupposti fondamentali di tale linguaggio, e cioè la possibilità che gli allievi assumano ruoli autonomi non prefissati dal loro status finale.


Di conseguenza la scarsa motivazione all'uso del linguaggio elaborato, corrisponde ad uno scadimento qualitativo nella relazione comunicativa. "Più negativo ancora è assistere ad una rigida divisione dei ruoli in cui il linguaggio elaborato è marcato dalla parte del livello formale, mentre la risposta dell'utente si riduce a semplice approvazione o non, della comunicazione o peggio ancora il deferimento della propria posizione dentro al discorso dell'altro" 37. In un simile contesto un soggetto, fragile dal punto di vista comunicativo, potenzierà al quadrato la sua già scarsa produzione comunicativa, tanto più se questo equivale al modello familiare e sociale di appartenenza.

Note

33 Gli anni '70 e '80 hanno visto in Italia un grande interesse nei confronti di una pedagogia del linguaggio verbale e non verbale. Le influenze di una pedagogia non autoritaria (C. Rogers, Neill...) hanno attraversato diversi processi di comunicazione e di relazione educativa. Ricordiamo in particolare il classico di L. Lumbelli, et alii, Pedagogia della comunicazione verbale, Angeli Milano, 1978, di cui siamo debitori in questo capitolo. Sono dello stesso periodo anche tutte le nuove ricerche sul linguaggio al seguito del modello pragmatico ( J.R. Searle, Atti linguistici, Torino Boringhieri, 1976, J. L. Austin, in M. Sbisà, Gli atti linguistici, Milano Feltrinelli, 1978), del modello etnografico e degli studi sociolinguistici, (Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione , Bologna Il Mulino 1969) , del modello filosofico ( la ripresa degli studi su Wittgenstein, W.P. Alston, Filosofia del linguaggio , Bologna il Mulino, 1971), del modello cognitivo (C. Castelfranchi D. Parisi, Linguaggio conoscenze scopi, Bologna Il Mulino, 1980). Per ciò che concerne la pratica comunicativa e relazionale negli anni '80 e '90 in poi, la scuola subisce il fascino dei modelli gruppali e di Team, provenienti da ricerche americane e francesi. In Italia l'artefice del discorso sono stati in gran parte Enzo Spaltro, Renzo Carli, Gian Piero Quaglino. Vengono abbandonate dunque le ricerche sulla comunicazione a favore della relazione educativa basata sulla dinamica di gruppo e di team work. Attualmente il panorama internazionale sta rispolverando i modelli microsociologici (studi comparati, interculturalità, biografie cognitive e sociali, storie di vita, etnografia delle professioni). Assistiamo infatti, per associazione, a una ripresa degli studi sulla comunicazione e sulla relazione educativa.
34 B. Bernstein, Classe et pédagogies: visibles et invisibles , OCDE, (Organisation de coopération et de développement économique), Paris, 1975.
35 Chomsky, op. cit., sostiene che l'obiettivo della teoria linguistica dovrebbe essere la caratterizzazione esplicita della conoscenza grammaticale tacita del parlante ordinario (ideale). Questa conoscenza si chiama tecnicamente "competence" e si distingue dal comportamento linguistico effettivo -la performance- caratterizzato da errori e imperfezioni di vario genere. Per caratterizzare questa conoscenza è necessario costruire una grammatica, cioè un insieme di regole che, applicato algoritmicamente, mostrerà tutte e solo le espressioni linguistiche "ben formate" (cioè grammaticali). Tale grammatica "genera" le espressioni del linguaggio.
36 M. Ippolito, Tecniche di arricchimento verbale e rapporto interpersonale , in L. Lumbelli, op. cit. pag 66-95.
37 M. Ippolito, op. cit .


Tabella Ivana


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