3. Cura e vigilanza del
linguaggio verbale 33
Sono sempre pi ù numerosi i riferimenti e le teorie che spiegano
l'insuccesso scolastico e formativo in base all'inadeguatezza dei
sistemi sociali, istituzionali, ma soprattutto all'inadeguatezza
della preparazione cognitiva e linguistica che gli allievi ricevono.
La formazione anziché compensare eventuali deficit dell'esperienza
sociale familiare, tende ad aggravarli quando si dimostra inadeguata
nei metodi didattici, nelle scarse aspettative dei docenti, nell'organizzazione
ristretta degli
ambienti comunicazionali.
Linguaggio e rapporto sociale
Già B. Bernstein consegnava in tal senso un rapporto
drammatico all'OCDE negli anni '70
34.
Secondo l'autore, la forma di un rapporto sociale agisce selettivamente
su ciò che viene detto, come viene detto e quando viene
detto e quindi è
la struttura sociale che determina
diverse forme di uso del linguaggio . Nella realtà formativa
e scolastica la modellizzazione di come e quando vengono elaborate
le comunicazioni e in particolare il lessico verbale, determina
anche il grado di formazione e di successiva competenza linguistica
degli allievi e indirettamente dei docenti.
Bernstein sostiene che quando un adulto parla con un bambino
o con un soggetto in difficoltà, tende ad usare una forma
in cui la rete semantica, la struttura sintattica e il lessico,
risultino relativamente semplificati. In questo caso
il rapporto
sociale agisce selettivamente sul modello di verbalizzazione.
Inoltre nella comunicazione fra persone che si conoscono, spesso
i
significati non vengono esplicitati sul piano verbale .
La comunicazione procede per successive identificazioni sollecitate
da uno sforzo o da elementi extra linguistici. In questo caso
il
linguaggio non verbale gioca da padrone e viene usato per
trasmettere all'interlocutore il contesto psicologico interiore
di chi parla. Quando in una situazione verrà data più importanza
sul piano verbale agli aspetti comuni piuttosto che a quelli
individuali, agli aspetti concreti piuttosto che a quelli astratti,
agli aspetti immediati di una situazione piuttosto che all'individuazione
delle cause e delle intenzioni, il contesto orienta verso la
forma di un
codice ristretto piuttosto che
verso
un
codice elaborato.
CODICE RISTRETTO |
CODICE ELABORATO |
La forma del rapporto sociale è basata:
- su identificazioni strettamente condivise,
- su aspettative comuni,
- su priorità degli aspetti
comuni al gruppo piuttosto che di quelli individuali.
- sul messaggio da più importanza al noi piuttosto che all'io. |
La forma del rapporto si basa sulla cultura di un gruppo
sociale che:
- da importanza all'io piuttosto che al noi
- le intenzioni e le motivazioni degli altri non vengono date per scontate,
- i parlanti sono indotti ad elaborare i significati sul piano verbale ,
- i parlanti rendono espliciti e specifici i significati . |
Nel caso del codice ristretto, l'altro è considerato
membro dello stesso gruppo sociale , il codice viene
definito dunque di posizione (situazionale) ovvero
legato al codice ristretto ai contenuti del contesto. |
Nel caso del codice elaborato, il parlante considera l'esperienza
dell'altro (l'ascoltatore) come diversa dalla sua e
darà origine a significati più universali,
comprensibili a tutti. |
Ambedue i codici a loro volta, danno origine
a
strutture sintattiche, a termini più appropriati, per
esprimere i contenuti della comunicazione. Bernstein usa il
concetto di codice non nel senso di "
competence" 35 ma
nel senso di
performance , ovvero la padronanza di
diverse forme di uso linguistico all'interno di una stessa
capacità linguistica in relazione alle diverse forme
sociali nelle quali l'individuo si situa. Il modo effettivo
in cui l'adulto si pone davanti all'allievo aiuta la tendenza
a una prevalenza dell'uno o dell'altro codice effettivamente
utilizzato.
Ippolito
36 sottolinea
che
le situazioni scolastiche e formative tradizionali sono caratterizzate
da una prevalenza di condizioni posizionali. La formazione
educativa (come nell'esercito), richiede l'adeguamento ad un
unico modello di comportamento pur essendoci un netto confine
(stile individuale, produzione) tra sé e gli altri,
più in particolare tra l'insegnante e l'allievo. In
questa situazione difficilmente viene promossa una comunicazione
personalizzata. Inoltre i processi decisionali, la facoltà di
formalizzare giudizi, dipende dallo status formale dei membri,
e le decisioni non sono aperte alla discussione.
Struttura posizionale |
Struttura personale |
Nella struttura posizionale del contesto:
- il sistema di ruoli è chiuso
-il potere decisionale è distribuito secondo lo status formale dei membri
- la facoltà di esprimere giudizi ed esercitare il potere decisionale è funzione
dello status sociale formale dei membri, piuttosto che delle loro caratteristiche
personali |
Nella struttura a valenza personale :
- il ruolo viene acquisito in base alla qualità
- il soggetto riscopre il proprio ruolo determinato dalle caratteristiche affettive
e cognitive
- la facoltà di prendere decisioni e di esprimere giudizi è funzione
più delle qualità psicologiche e personali degli individui che
del loro status formale |
Nelle strutture posizionali prevalgono:
- le modalità imperative che riducono al massimo la possibilità di
esercitare il ruolo in modo differenziato sul piano verbale: sta zitto.vieni. dove
vai. puoi andare. piantala. hai studiato. hai fatto i compiti
- con mezzi extra verbali
- con gli appelli alla ragione: " Dovresti in grado di farlo alla tua
età.i maschi non giocano con le bambole. i buoni studenti non
si comportano cosi.". |
Nella struttura personale vengono rese esplicite sul piano
verbale:
- le relazioni causali . Alle domande vengono
fornite spiegazioni che non si rifanno a regole di condotta
- il linguaggio relativo all'apprendimento, è individualizzato . |
La formazione tradizionale agisce, in
questo senso, in modo profondamente contraddittorio, quando esige:
- l'uso di un linguaggio ristretto ,
mentre si dà come
finalità l'insegnamento di un linguaggio personalizzato e plurale,
- l'imposizione di una rigida divisione dei ruoli (assenza di comunicazioni
personalizzate) prescinde da quelli che dovrebbero essere i presupposti fondamentali
di tale linguaggio, e cioè la possibilità che gli allievi assumano
ruoli autonomi non prefissati dal loro status finale.
Di conseguenza la scarsa motivazione all'uso del linguaggio
elaborato, corrisponde ad uno scadimento qualitativo nella relazione
comunicativa. "Più negativo ancora è assistere
ad una rigida divisione dei ruoli in cui il linguaggio elaborato è marcato
dalla parte del livello formale, mentre la risposta dell'utente
si riduce a semplice approvazione o non, della comunicazione
o peggio ancora il deferimento della propria posizione dentro
al discorso dell'altro"
37.
In un simile contesto un soggetto, fragile dal punto di vista
comunicativo, potenzierà al quadrato la sua già scarsa
produzione comunicativa, tanto più se questo equivale
al modello familiare e sociale di appartenenza.
Note 33 Gli anni '70 e '80 hanno visto in Italia
un grande interesse nei confronti di una pedagogia del linguaggio
verbale e non verbale. Le influenze di una pedagogia non autoritaria
(C. Rogers, Neill...) hanno attraversato diversi processi di
comunicazione e di relazione educativa. Ricordiamo in particolare
il classico di L. Lumbelli, et alii, Pedagogia della comunicazione
verbale, Angeli Milano, 1978, di cui siamo debitori in
questo capitolo. Sono dello stesso periodo anche tutte le nuove
ricerche sul linguaggio al seguito del modello pragmatico ( J.R.
Searle, Atti linguistici, Torino Boringhieri, 1976,
J. L. Austin, in M. Sbisà, Gli atti linguistici, Milano
Feltrinelli, 1978), del modello etnografico e degli studi sociolinguistici,
(Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione ,
Bologna Il Mulino 1969) , del modello filosofico ( la ripresa
degli studi su Wittgenstein, W.P. Alston, Filosofia del linguaggio ,
Bologna il Mulino, 1971), del modello cognitivo (C. Castelfranchi
D. Parisi, Linguaggio conoscenze scopi, Bologna Il
Mulino, 1980). Per ciò che concerne la pratica comunicativa
e relazionale negli anni '80 e '90 in poi, la scuola subisce
il fascino dei modelli gruppali e di Team, provenienti da ricerche
americane e francesi. In Italia l'artefice del discorso sono
stati in gran parte Enzo Spaltro, Renzo Carli, Gian Piero Quaglino.
Vengono abbandonate dunque le ricerche sulla comunicazione a
favore della relazione educativa basata sulla dinamica di gruppo
e di team work. Attualmente il panorama internazionale sta rispolverando
i modelli microsociologici (studi comparati, interculturalità,
biografie cognitive e sociali, storie di vita, etnografia delle
professioni). Assistiamo infatti, per associazione, a una ripresa
degli studi sulla comunicazione e sulla relazione educativa.
34 B. Bernstein, Classe et pédagogies:
visibles et invisibles , OCDE, (Organisation de coopération
et de développement économique), Paris, 1975.
35 Chomsky, op. cit., sostiene che
l'obiettivo della teoria linguistica dovrebbe essere la caratterizzazione
esplicita della conoscenza grammaticale tacita del parlante ordinario
(ideale). Questa conoscenza si chiama tecnicamente "competence" e
si distingue dal comportamento linguistico effettivo -la performance-
caratterizzato da errori e imperfezioni di vario genere. Per
caratterizzare questa conoscenza è necessario costruire
una grammatica, cioè un insieme di regole che, applicato
algoritmicamente, mostrerà tutte e solo le espressioni
linguistiche "ben formate" (cioè grammaticali). Tale grammatica "genera" le
espressioni del linguaggio.
36 M. Ippolito, Tecniche di arricchimento
verbale e rapporto interpersonale , in L. Lumbelli, op.
cit. pag 66-95.
37 M. Ippolito, op. cit .