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L'Educazione degli Adulti 1
L'agire Comunicativo - La Comunicazione Educativa
Armando editore 2000
A cura di Padoan Ivana Maria
Università di Venezia Dipartimento di Filosofia e Teoria delle Scienze

1. Dispositivi della comunicazione educativa5

Lo stabilirsi di un processo interattivo che garantisca una base di partecipazione e di reciprocazione autentica 6 ed efficace in ordine al progetto formativo comune, richiede la messa in situazione di alcuni dispositivi di fondo .

Ascolto


Più il contesto è complesso, più vi è differenza, più vi è la necessità di cominciare dall' ascolto 7. L'ascolto si riconosce in quanto disponibilità per ciò che viene detto e fatto, al fine di trasmettere, ai diversi protagonisti, la convinzione del loro valore in quanto soggetti, le risposte interagenti la formulazione del loro problema, il decodage dei contenuti latenti/inferenziali dei messaggi.

Empatia
Per alcuni si confonde con l'ascolto, per altri ha un valore meno intellettuale dell'ascolto ed è più orientata al sentire l'emozione dell'altro e dunque alla capacità di accogliere l'altro 8. Si concretizza in segnali di facilitazione dello sviluppo personale, nella relazione d'aiuto, affinché l'altro si adatti o faccia profitto delle proprie esperienze. Accettazione della persona nella sua ricchezza e nei suoi limiti 9
Accettare significa non mettere condizioni a priori. Il soggetto in formazione non deve guadagnarsi la simpatia del formatore. In questo modo l'allievo registra uno spazio aperto nel quale esprimersi e dal quale partire per strutturare un rapporto di reciprocazione nell' asimmetria dell'azione. Questo dispositivo è uno dei più difficili da maturare nella professione formativa 10. Il vissuto quotidiano e la necessità di occuparsi di una pluralità di soggetti, sviluppa molto spesso comportamenti disomogenei e competitivi nelle relazioni. Nella relazione i comportamenti degli allievi sono spesso uno specchio per il formatore, scatenando a volte una chiusura emotiva e intellettuale. Solo dopo un riconoscimento della propria storia e dei propri atti comportamentali,assieme al controllo del proprio atteggiamento personale, il formatore arriva a scoprire la possibilità di ri-creare nuove situazioni comunicative.

Attitudini evolutive anticipatrici La routine quotidiana rischia di rinchiudere i soggetti in determinismi, non solo tecnici ma psicologici. Un rapporto statico con gli allievi corre il rischio di sterilizzare le attese dell'insegnante. Solo credendo all'evoluzione dei soggetti diventa possibile individuare strategie comunicative e didattiche di trasformazione. Una strategia produttiva per scoprire le risorse dell'altro, anche le più nascoste, si acquista mantenendo una lucidità percettiva della situazione. Ciò è possibile se si diventa coscienti della straordinaria potenza della funzione riparatrice o distruttiva dell'immagine riflessa dell'altro in noi 11.

Contenenza
Il termine deriva direttamente dal modello relazionale di Bion, conseguenza della geniale intuizione che impressioni sensoriali provate in maniera intensa all'inizio della vita possono costituire la prima matrice nella quale si può supporre che sorga il pensiero. Per Bion: " i pensieri sono cose, le cose sono pensieri ". Questo fenomeno di ricezione e di metabolizzazione, può essere esteso alla funzione educativa nella misura in cui vi è un adulto sufficientemente sicuro, empatico, distanziato emotivamente e cognitivamente. In questo caso l'adulto può dare nome ai problemi, dare senso ai messaggi diversi e indicibili, e contenere in maniera produttiva l'universo in fieri del soggetto 12.

Affermazione della legge 13
In educazione e soprattutto in formazione, vi è la necessità di creare uno spazio , sicuramente frustrante, ma non castrante, nel quale le cose, permesse o proibite sono definite, in modo che i soggetti possano prendere coscienza anticipatamente del limite. E' necessario tener presente che proprio sul limite si sviluppa lo spazio dei sogni, l'attività onirica, il gioco del come se, le simulazioni, le realizzazioni simboliche, che potranno dare origine ad un'attività sublimata, creazionale 14. Tuttavia, nell'intervento, molti educatori e formatori assumono ruoli di lasciar fare o non intervengono, in nome di una neutralità o deresponsabilizzazione istituzionale, senza pensare che con quest'atto, si consente all'allievo, uno spazio di mantenimento del suo status.

Doppio sguardo
Proprio di fronte ai problemi e alle difficoltà è importante che l'educatore assuma un doppio sguardo: uno rivolto al problema, l'altro rivolto a sé stesso 15. Solitamente, succede il contrario. Ci si pone davanti al problema stringendo la visuale d'insieme e spesso ricorrendo agli altri. La capacità di prendere un punto di vista di distanziazione rispetto al problema e contemporaneamente farsi attraversare da questo filtro, permette ai formatori di non cadere in trappole proiettive, le quali sono molto spesso portatrici di riduzionismi, di spostamenti, di transfert. Non si sottolineerà mai abbastanza la chance che può costituire, nella formazione, la possibilità di riformulare la propria storia comunicativa e relazionale con il processo del doppio sguardo. Gli strumenti sono diversi, dalla storia di vita, alla biografia cognitiva, all'intervento di esplicitazione.
Le domande fondamentali sono:
- sono percepito come una persona degna di fiducia, sicura e responsabile?
- sono capace di provare atteggiamenti positivi a priori nei confronti degli altri (calore, attenzione, interesse, rispetto)?
- la mia sicurezza interna è abbastanza forte da permettere all'altro di essere indipendente?
- posso permettermi di entrare nell'universo dei sentimenti degli altri e delle loro concezioni personali?
- sono capace di agire con molta sensibilità nella relazione di aiuto, in modo tale che il mio comportamento non sia percepito come una minaccia?
- sono capace di vedere l'interlocutore come una persona in evoluzione o sono bloccato dai suoi atteggiamenti e dai miei?

La prospettiva sistemica
Von Bertalanffy 16, nella sua Teoria generale dei sistemi, sostiene che è necessario non solo analizzare ogni parte ed ogni processo del sapere e delle pratiche, ma soprattutto risolvere i problemi decisivi dei fenomeni d'organizzazione e d'ordine che uniscono le varie parti con i processi, attraverso le interazioni dinamiche tra gli elementi. Infatti, il funzionamento di ogni parte, o processo, differisce secondo che lo si studi isolatamente o nel suo insieme. Lo stesso vale nella formazione e nell'educazione. Le competenze comunicative e relazionali dei formandi vanno lette nell'interdipendenza dei contesti e delle singole situazioni. E'compito del formatore organizzare le reti comunicative nei diversi registri della formazione. Prioritario sarà il controllo del proprio atteggiamento, non in quanto persona singola, ma in quanto elemento del sistema. Sul piano della realtà, l'allievo non è mai il solo attore nei processi di sviluppo. La sua recita si dispiega sul fondale del contesto esplicito e implicito, interpretabile come potenziale dinamico. Ogni potenziale ha la necessità di più attivatori. Il ruolo, la condizione e la capacità del formatore corrispondono esattamente a una funzione di attivatore ( medium ) del sistema, fino a quando progressivamente l'allievo stesso diventa medium di sé stesso.

Note

5 Gli anni '70 e '80 hanno visto in Italia un grande interesse nei confronti di una pedagogia del linguaggio verbale e non verbale. Le influenze di una pedagogia non autoritaria (C. Rogers, Neill...) hanno attraversato diversi processi di comunicazione e di relazione educativa. Ricordiamo in particolare il classico di L. Lumbelli, et alii, Pedagogia della comunicazione verbale, Angeli Milano, 1978, di cui siamo debitori in questo capitolo. Sono dello stesso periodo anche tutte le nuove ricerche sul linguaggio al seguito del modello pragmatico ( J.R. Searle, Atti linguistici, Torino Boringhieri, 1976, J. L. Austin, in M. Sbisà, Gli atti linguistici, Milano Feltrinelli, 1978), del modello etnografico e degli studi sociolinguistici, (Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione , Bologna Il Mulino 1969) , del modello filosofico ( la ripresa degli studi su Wittgenstein, W.P. Alston, Filosofia del linguaggio , Bologna il Mulino, 1971), del modello cognitivo (C. Castelfranchi D. Parisi, Linguaggio conoscenze scopi, Bologna Il Mulino, 1980). Per ciò che concerne la pratica comunicativa e relazionale negli anni '80 e '90 in poi, la scuola subisce il fascino dei modelli gruppali e di Team, provenienti da ricerche americane e francesi. In Italia l'artefice del discorso sono stati in gran parte Enzo Spaltro, Renzo Carli, Gian Piero Quaglino. Vengono abbandonate dunque le ricerche sulla comunicazione a favore della relazione educativa basata sulla dinamica di gruppo e di team work. Attualmente il panorama internazionale sta rispolverando i modelli microsociologici (studi comparati, interculturalità, biografie cognitive e sociali, storie di vita, etnografia delle professioni). Assistiamo infatti, per associazione, a una ripresa degli studi sulla comunicazione e sulla relazione educativa.
6 La nozione di autenticità deriva dal modello non direttivo di Rogers..Con il tempo la nozione ha assunto anche significati di trasparenza, nel senso di apertura e chiarificazione. Noi vogliamo sottolineare il valore dell'ascolto in quanto luogo di esplicitazione dei discorsi che intrecciano e si intrecciano nel contesto. La comunicazione è sempre un discorso a più vie, verbale e non verbale, conscia, e inconscia, culturale e pragmatica. Un contesto che si definisce comunicativo deve essere capace di permettere l'esplicitazione di più registri comunicativi. C. Rogers, op. cit.
7 P. Kaeppelin, L'écoute, ESF Paris, 1987.
8 C. Rogers, Le développement de la personne, Dunod Paris, 1967.
9 J. Salomé, Relation d'aide et formation à l'entretien , PU de Lille, 1996.
10 Il fantasma di Pigmalione tormenta tutti gli educatori e i formatori di ogni tempo. R. Rosenthal, Pigmalione in classe , Milano Angeli, 1972.
11 J. Lacan, Ecrits, Le champ freudien, Le Seuil Paris, 1968.
12 W.R. Bion, Esperienze nei gruppi, Armando, 1979.
13 Aucouturier, Darrault, Empinet, La pratica psicomotoria , Armando Roma, 1986.
14 D. Winnicott, Gioco e realtà, A. Armando Roma, 1971.
15 Watzawick P. e Weakland J., La prospettiva relazionale, Roma, Astrolabio, 1978. C. Rogers, Le développement de la personne, Dunod Paris, 1967.
16 L. von Bertalanffy, Teoria generale dei sistemi , op. cit.



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