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La parabola del bue
di Monaco Mitsutaka Koso
Parabola In questo incontro voglio presentarvi Jūgyūzu in parallelo al racconto della Tecnica Miracolosa del Gatto”.
Jūgyūzu
è utilizzato nello studio di approfondimento del cammino Zen.

È la spiegazione di una serie d’immagini che rappresentano diversi momenti di una storia fra un ragazzo e un bue. Chiaramente si tratta di una rappresentazione simbolica dell’animo umano e la speranza, il sogno, il lavoro, il successo e l’onore. Per voi il bue potrebbe rappresentare il percorso della pratica del Karate-dō. Vorrei che ognuno di voi cerchi di capire in quale dei dieci disegni si trova oggi.
C’è un modo di dire del Buddhismo jito futaiten che significa l’impegno a mantenere un livello conquistato.

Provate a ricordare il racconto della “Tecnica Miracolosa del Gatto” scritto da Issai Chozanshi. Dopo avere letto questo racconto seguite la spiegazione delle dieci immagini del Jūgyūzu.

1) Jingyu = alla ricerca del bue.
Il ragazzo (il devoto) decede di trovare il bue (l'illuminazione) e lo cerca nel territorio deserto. Si tratta della ricerca del destino, di qualcosa di veramente sconosciuto e mai visto prima d'ora. Oppure potrebbe trattarsi di qualcosa già incontrata, come per un bambino tanti oggetti visti la prima volta suscitano curiosità e interesse, poi quando li si rincontra in età adulta quasi non ci si accorge più di loro.

Paragonando al Karate-dō si può pensare alla prima lezione quando non si conosce ancora nulla e si segue solo le prime indicazioni del Maestro. Quel giorno non si conosce il significato delle tecniche e del saluto, ma la cosa importante è l'incontro con il Maestro giusto.
2) Kenseki = la scoperta (vista) delle impronte del bue.
Il ragazzo vede qualcosa, sono le impronte del bue. L’animale ancora non si mostra ma egli può intuire in quale direzione cercarlo.

Nella pratica del Karate-dō succede che dopo poco si sente che qualche tecnica è andata bene, così aumenta la fiducia ad andare avanti, anche se ancora non c’è un’idea chiara del Karate-dō.
3) Kengyu = s’intravede il bue in parte, solo da dietro.
Il ragazzo ha una prima visione del bue, riesce a scorgerlo mentre fugge e ne vede solo il posteriore.

A un certo punto della pratica si comincia ad avere delle soddisfazioni dalla tecnica e aumenta il desiderio di andare avanti.
4) Tokugyu = la cattura del bue. Il ragazzo riesce a inseguire e catturare la bestia.
Il bue gli resiste e si divincola con forza. L'esito della lotta è ancora incerto.

Non si vede la faccia del bue. Il primo obiettivo importante è a portata di mano, si è già capito come indirizzare la propria forza e la tecnica riesce efficace. S'intuisce allo stesso tempo che non c'è la totale certezza della padronanza della tecnica e di conseguenza c'è la consapevolezza di dovere andare avanti nello studio e nella pratica.
Come per il ragazzo c'è il confronto con la forza del bue e il confronto con la volontà di sé stesso. È il momento critico dove si combatte contro i propri dubbi e le proprie paure, dove incombe la rinuncia.
5) Bokugyu = il bue è domato. Finalmente il ragazzo ha la meglio sul bue.
Nel disegno è importante osservare come la corda con cui lo conduce non è tesa, a significare che l'animale ha accettato la sottomissione. Il muso dell'animale ora è visibile chiaramente. Per la pratica del Karate-dō significa che si è raggiunto un buon livello di maturazione, si comprende l'essenza dei kata. Al contempo questo è un momento problematico. Il M° Mabuni diceva che praticare solo la tecnica toglie l'armonia. Subentra il rischio di essere superbi e vanitosi, mancando il rispetto verso gli altri.
6) Kigyu kika = il ritorno a casa sopra al bue.
Dal disegno si vede che il ragazzo monta il dorso dell’animale e insieme (ittai) camminano verso casa. Osservate come il ragazzo si disinteressa delle redini e suona il flauto facendosi portare dal bue che a sua volta ha lo sguardo rivolto verso l’alto.

Il movimento nella pratica del Karate-dō si svolge spontaneo e segue il proprio pensiero. L’azione si sviluppa nella piena soddisfazione, come per il ragazzo in sella al bue che si gode la brezza sul viso. Tutto funziona senza che intervengano fattori esterni d’aiuto. Sembra che questo sia il punto d’arrivo.
Bogyusonjin = dimenticare il bue.
Il bue non si vede più nel disegno, il ragazzo è sulla soglia di casa che prega e contempla il paesaggio. L’animale è nei dintorni, il ragazzo è tranquillo forse la figura del bue vive dentro di lui e così non c’è bisogno che appaia.
Oppure si può pensare che l’obiettivo della vita del ragazzo non era veramente la ricerca del bue e, ora che questo non si vede più, lui è comunque in pace. Durante la vita può succedere qualcosa di grave. Un incidente o un’operazione chirurgica fanno meditare e sentire l’importanza della salute e il valore della vita stessa.
Si dice che chi è dimesso dall’ospedale sente il profumo del vento. Le negatività della vita possono fare crescere l’amore e il sentimento verso la vita stessa. Nel Buddhismo questo è il momento dove esce qualcosa della vita precedente che si porta dentro in forma di reincarnazione.
È il momento in cui si sente il bisogno della preghiera per il ringraziamento verso l’esistenza. Per esempio il M° Mabuni diceva che eseguendo un kata si combatte contro il proprio ego e allo stesso tempo si esprime la gratitudine per ciò che ci fa vivere.
8) Ningyugubo = non c’è l’uomo, non c’è il bue.
Il disegno è vuoto, c’è solo una cornice tonda che dà la sensazione di essere circondato dalla luminosità. L’impressione è che questo senso di vuoto e pieno allo stesso tempo rappresenta la fine di qualcosa. Potrebbe essere che il ragazzo ha perso il suo obiettivo oppure ha raggiunto lo scopo.
È un momento d’incertezza tra la fine e la percezione della luce di qualcos’altro. Quando si raggiunge l’apice dell’allenamento, potrebbe subentrare la sensazione che si è al proprio massimo. In quel momento esiste la possibilità di sentire che si può ancora migliorare.
9) Hembongengen = ritorno all’origine.
Nel disegno c’e solo un’immagine di natura con la rappresentazione delle acque di una fonte, intesa come origine. Ma l’immagine non è più quella di prima, non c’è l’uomo e non c’è il bue. Il modo di vedere le cose è superato dalla valutazione della necessità di ricercare il bue. È una sorta di rinascita.
Per il Karate-dō è uno stato d’animo dove non ha più importanza se si è forte o non forte, se c’è l’avversario o non c’è l’avversario.
10) Nyutensuishu = ritorno nel mondo quotidiano per dare una mano.
Si vede un uomo con la pancia. Sembra strano ma incontrandolo egli dà una sensazione di diffondere felicità, di non avere problemi. L’incontro con lui trasmette qualcosa che fa stare bene. Il punto d’arrivo potrebbe essere proprio la trasmissione della felicità verso gli altri. Nella figura l’uomo a destra potrebbe essere il ragazzo oppure potrebbe essere diventato l’uomo con la pancia …!!!
Questo uomo senza alcun attaccamento a sé stesso si rivolge all’altro con un’armonia particolare. Il Karate-dō in apparenza è difesa personale, tramite la sua pratica si può dare la vita alle persone, la felicità.


(Il M° Matsuyama vuole aggiungere come nota personale che probabilmente il M° Koso si stava riferendo alla figura del M° Kase, a come egli alla fine della sua vita traspariva una sensazione di pace e di felicità, quasi a sancire il raggiungimento della consapevolezza di volere dare tutto sé stesso alle persone intorno a lui.
La vera applicazione di jinkaku kansei ni tsutomuru koto è proprio questo.)

In realtà nella vita potrebbe accadere di passare da una figura all’altra, a volte anche all’indietro. Bisogna cercare di non cadere completamente e perdere il livello raggiunto. Voi in quale momento di questi disegni vi riconoscete? Vi lascio con questa riflessione.

Una traduzione del testo antico è stata fatta da MIGI Autore
Fonte Shodo.it Testo in Formato.pdf - Youtube



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