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Lo zen e l'arte della manutenzione delle zanzare
A cura di Davide Rizzo
E dire che nemmeno mi pungevano. Le zanzare, che pure erano democratiche ed egualitarie, laggiù tra i delta delle fiumare che cambiavano di posto ogni notte. Zanzare autarchiche, che si levavano al crepuscolo dai loro nascondigli (sottovasi, argini, pozzanghere cittadine di oleosa bellezza, dove si specchiavano inclinati i palazzi d'edilizia popolare e i cieli arancioni e meridionali) e salivano in sciami silenziosi verso la città di carne. Eravamo abbronzati, accaldati: allora l'aria condizionata era solo nelle banche e nei supermercati, e in casa era tutto un industriarsi di cannizzi, ventagli, correnti d'aria organizzate tra porte e finestre (mia madre era l'architetto dei venti, li orchestrava ogni mattina dopo averne studiato intensità e direzione, ché lo scirocco portava dentro e il levante peggio, ma la tramontana era pulita e spingeva ogni cosa, il caldo le zanzare e l'odore di soffritto, alla casa della vicina), ventilatori a pale che ogni tanto si fulminavano e facevano saltare l'impianto con esplosioni da festa paesana.

Eravamo abbronzati, accaldati e anche persuasi che fosse in qualche modo un prezzo necessario, per l'estate che allora era infinita e piena di sottopassaggi, stanze tigrate, albicocche, prìncipi, notti vere.

Poi, era anche vero che loro, le zanzare, s'erano divise la famiglia a metà: mia madre e mio fratello, i santi lazzari, si consolavano dicendo a me e mio padre che avevamo il sangue amaro, e nemmeno le zanzare ci volevano. Io facevo le boccacce ma segretamente ne soffrivo. Tra le tante perfezioni mostruose di mia madre, anche quella mi mancava: il sangue dolce. E la mattina me li cercavo, addosso, i puntini rosse, e qualche volta li disegnavo col lampostil: già da allora non sopportavo il nesso causa-effetto, o pensavo si potesse in fondo invertire, come avviene con le parole.
Il mio sangue restava amaro, amaro, amaro.

Dopo non m'importò più molto. Fino al matrimonio col vampiro. Era un pasto superbo, per le zanzare, quasi come gli esseri umani (io, soprattutto) erano per lui. La notte sciami orientali e asiatici scendevano a trovarci, lasciando del tutto intatta me, e succhiando a lui il sangue mille o duemila volte. Era il suo candore ingannevole, il suo odore segnaletico e fasullo, sospetto. Ma le zanzare erano anche più sceme delle donne, e accorrevano allo stesso modo.

Una volta andammo a Stonehenge, il cerchio di pietre confitto nella piana inglese di Salisbury: una delle cose impossibili a credersi, in quella terra di cabine rosse e monarchie coi sotto teiera (non possono stare nella stessa nazione, la carta igienica profumata di rose, la moquette in bagno, la regina madre e i megaliti: non ha senso).
 
Era campagna, aperta e inglese. Presto, su ciascuno dei visitatori – era un pomeriggio fosco, d'estate corrucciata e algida – cominciò a formarsi una nuvola d'insetti. La avevamo tutti, sospesa a un metro dal capo: una nuvola nera, brulicante, di moscerini o chissà cosa, che ci seguiva dovunque andassimo. Ebbene, la sua, del vampiro, era tre volte più grande delle altre. Contemplai affascinata per ore quelle folli aureole nere, quegli ultra corpi sospesi che si spostavano seguendo gli esseri umani e mi scordai del tutto delle pietre.
Il mio sangue restava amaro pure per gli insetti inglesi.
 
Anni dopo il fidanzato vegetariano, con un debole per le cause perse, lanciò un proclama di difesa delle zanzare, che nel frattempo s'erano geneticamente modificate, s'erano intigrite e urbanizzate ed erano uguali ai barracuda tropicali che infestano i nostri mari. Le zanzare erano come il campionato, ormai: si gioca ogni giorno e non c'è più gusto.
Il vegetariano sosteneva che non si dovevano uccidere, le zanzare: e che diremmo noi – sosteneva con la sua vocetta da primo della classe anziano -  se un gigante provasse a ucciderci? Io tacqui per un certo tempo, perché mi funziona pur sempre l'imprinting della donna zitta, o forse è il mio orgoglio calabrese che m'impedisce d'ammettere subito che mi sono accoppiata con un cretino. Ma a un certo punto glielo dissi: io non vado in giro a scassare le palle ai giganti mordendoli per succhiargli il sangue. Il vegetariano s'offese a morte, per fortuna.
 
Oggi il mio sangue è molto migliorato. Lo dolcifico regolarmente con grandi dosi di sostanze segrete (letteratura, amore non vegetariano, vino rosso, tango argentino, ricordi) e le zanzare m'ignorano per libera scelta. Ma le zanzare oggi sono alleate con altre specie, i pappataci i zappagghiuni i tigri i papi, e sono una cosa diversa. Signora mia, non le fanno più, le zanzare, come una volta.

Fonte: Manginobrioches - Video animato
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